Un futuro più certo per l'agricoltura integrata

Un futuro più certo per l'agricoltura integrata
di Elena Cattaneo*
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Venerdì 8 Marzo 2019, 11:35 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 19:54
Benvenuta, agricoltura integrata. Lo scorso 26 febbraio la Camera ha approvato all'unanimità una mozione innovativa in tema di pesticidi, introducendo un approccio all'agricoltura laico, libero da preconcetti e ideologie, per assicurarci cibo sano, sicuro e a prezzi accessibili.

Il testo nasce da una prima proposta dell'onorevole Rossella Muroni di LeU, che spiega di essersi ispirata alle proposte della campagna Cambia la terra - quella che distorce l'immagine di quanti non praticano l'agricoltura biologica, dipingendoli come responsabili di inquinare l'economia e il pianeta. La mozione Muroni voleva (nientemeno) impegnare il Governo a «vietare, in maniera permanente, l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti». Un po' come vietare i farmaci in Italia. Nel corso del dibattito si è tuttavia giunti a più miti consigli, con proposte ragionate presentate dalle altre forze politiche, poi confluite in una mozione unitaria. Il testo finale ha introdotto un nuovo paradigma, confinando i giacobini intenti originari solo al titolo.

Tra le novità più interessanti del testo bipartisan approvato, una premessa non ideologica, ma basata su una semplice realtà: i pesticidi, o per meglio dire i fitofarmaci, altro non sono che «rimedi per difendere le piante dai loro nemici e pertanto da utilizzare nelle giuste dosi, solo quando necessari» e - particolare che la narrazione prevalente tende a occultare - «vengono utilizzati sia nell'agricoltura integrata, che in quella biologica». La salute non è comunque a rischio: i pesticidi sono tra le molecole più studiate al mondo e i processi di autorizzazione di nuovi fitofarmaci sono lunghi, costosissimi e rigorosi.

La mozione, inoltre, descrive l'agricoltura integrata come uno dei modelli cui puntare per un futuro più sostenibile, in questo affiancandola a quella condotta con metodo biologico. Ma in cosa si differenziano i due metodi? L'agricoltura integrata adotta un approccio laico: come suggerisce il nome, integra tutti gli strumenti e le tecnologie innovative che la ricerca e la pratica mettono a disposizione per la protezione e il miglioramento della resa delle colture, secondo uno schema razionale, per produrre quanto più possibile usando le risorse a disposizione nel modo più efficiente e rispettoso dell'ambiente. Quindi, caso per caso, campo per campo, coltura per coltura, l'agricoltore studia, con la sua esperienza, intelligenza e conoscenza, quale delle numerose tecnologie disponibili sia più adatta a quel particolare terreno.

L'approccio biologico, invece, stabilisce in maniera ideologica e arbitraria quali prodotti fitosanitari usare e quali proibire: quelli di sintesi sono vietati, quelli non di sintesi sono autorizzati, anche se, come nel caso del rame, inquinano di più dei corrispondenti chimici. Il discrimine non è dunque la molecola, ma il suo processo produttivo, così come il bio non è un prodotto, ma un processo, peraltro pieno di deroghe, venduto a caro prezzo e che non garantisce migliore qualità.

Il testo approvato impegna il governo, tra le altre cose, ad assumere iniziative che favoriscano tutte le «buone pratiche agricole», finalizzate alla promozione di «programmi di ricerca su sistemi produttivi agroalimentari sempre più sostenibili», e a prevedere misure di sostegno alla ricerca del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura.

Questo atto bipartisan si inserisce nel dibattito originato diversi mesi fa dal testo di una legge che la stessa Camera ha approvato e che ora è arrivata in Senato, il ddl 988, dove sembra si consideri sostenibile solo il metodo biologico (cui sono parificati gli esoterismi della biodinamica).

Insomma, mentre il Senato è impegnato nella discussione di un disegno di legge che promuove solo il bio, l'altro ramo del Parlamento approva all'unanimità una mozione che l'ha già superato, promuovendo anche l'agricoltura integrata e impegnando il Governo a un approccio laico al tema della sostenibilità. Il bio, infatti, non può definirsi un'agricoltura integrata, perché rifiuta a priori alcune innovazioni, tra cui la chimica e le biotecnologie.

Non c'è da illudersi che le ideologie ottocentesche siano state archiviate una volta per tutte, ma resta agli atti che la storia di una mozione parlamentare concepita per dire che le due figlie della matrigna (biologica e biodinamica) dovevano essere le uniche ad andare al ballo termina invece con l'ammissione che anche la bella Cenerentola (l'agricoltura integrata) ha diritto di presentarsi al cospetto del principe. Un passo avanti verso un lieto fine in cui tutti saranno liberi di coltivare felici, contenti e integrati.

* Docente della Statale di Milano e Senatore a vita
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