La primavera sboccia a Pechino, storie e calligrafie per capire la Cina

La primavera sboccia a Pechino, storie e calligrafie per capire la Cina
di Lucia Pozzi
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Sabato 16 Febbraio 2019, 16:19 - Ultimo aggiornamento: 16:53
«Non ricordo di essere mai tornata in Cina in primavera, ma ricordo bene che era primavera quando ho lasciato il mio Paese e nell’aria era tutto un turbinio di soffioni». Sono spezzoni di vita quelli che Hu Lanbo fotografa nel suo ultimo libro, raccolti in una serie di racconti e poesie che trasmettono tutto il carico delle emozioni e dei sentimenti di questa scrittrice originaria di Harbin, misti alla tristezza e alla «nostalgia di casa che è un filo esile e infinito» per chi è costretto ad emigrare e a vivere lontano dalla propria terra.

“La primavera di Pechino” (Cina in Italia editore) scava nei ricordi e mette a nudo i valori, in una sintesi perfetta con le calligrafie artistiche di Bibi Trabucchi, che si accompagnano ai versi di Hu Lanbo come in una danza e ne esaltano la forza. La parola e il segno, in un gioco continuo di rimandi alla ricerca della perfezione, del bello, dell’immortalità cui la poesia e la millenaria arte della Shufa aspirano. Al di là delle parole che evocano Pace, Amore, Salute, Vita. E al di là del segno calligrafico, colto ed elegante, che trae ispirazione dall’antica arte cinese dell’intaglio (Jianzhi) per fare dell’incontro tra culture la vera chiave di accesso al Futuro.
Due donne con storie diverse ma parallele, ponti di comunicazione tra mondi lontani. Hu Lanbo con la scrittura, prima in Cina e poi a Parigi e Roma, editrice e autrice di numerosi libri. Bibi Trabucchi con la calligrafia, che l’artista romana sviluppa in modo poliedrico e multidisciplinare, esponendo le sue opere in tutto il mondo. Ed ecco che la contaminazione degli stili rende assoluto il messaggio, mentre il lettore percorre le pagine bilingue dei racconti e arriva al cuore della poesia.

“La primavera di Pechino” sarà presentato a Roma il 7 marzo, presso il centro Roma9, fondato da Hu Lanbo in piazza dei Campani 9, nel cuore del quartiere San Lorenzo: un appuntamento aperto al pubblico alle 17.00 come quasi tutti i giovedì, spiega la scrittrice cinese, “per parlare di arte, cultura, tradizioni e non solo, comunicare con i giovani e rafforzare il rapporto di amicizia e collaborazione che esiste tra i nostri Paesi”.



Hu Lanbo


In copertina lo skyline di Pechino, che Bibi Trabucchi ha realizzato in bianco e nero tranne un cerchio rosso, che evoca «un sole rosso al centro dei nostri cuori» di maoista memoria.
Il libro pullula dei ricordi di Hu Lanbo, che percorrono la Cina dall’epoca di Mao alla modernità avveniristica dell’oggi. Era piccola e, con gli altri bambini, recitava ad alta voce il Libretto Rosso sul filobus. I genitori lavoravano in un campo di rieducazione durante la Rivoluzione Culturale, ma nella sua memoria c’è la mamma che prepara i fagottini di tofu per la colazione e dice che la frutta non le piace, in realtà mente perché non è facile averne. Un giorno Hu Lanbo lascia la sua terra per l’Europa, va a Parigi ma ben presto si rende conto che «la Luna all’estero non è più piena e luminosa di quella cinese». 


Bibi Trabucchi

La laurea alla Sorbonne, poi l’approdo a Roma, la nascita dei due figli e le loro vite che si intrecciano con la sua esigenza di affermazione e indipendenza, quando dai ricordi riemerge l’immagine della nonna materna vissuta in un’epoca in cui in Cina vigeva la poligamia (abolita nel 1950) e «le donne non avevano una posizione sociale». Il senso della morte con la perdita di persone care, la sua «guerra contro il cancro», le metropoli «irriconoscibili» della Cina moderna e il consumismo esasperato che la disorienta: Hu Lanbo si muove a 360 gradi e le sue pagine sono ricche di spunti e provocazioni, ma alla fine è la fiducia a prevalere, anche quando punta il dito contro «il traffico di Roma che non ha niente da invidiare a quello di Pechino». Perché è attraverso la fiducia che si può riportare Roma ad «essere di nuovo padrona del mondo». E, detto da un’intellettuale cinese, fa ben sperare.

 
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