Agromafie, sulle tavole italiane cibi pericolosi per 24,5 miliardi di euro

Agromafie, sulle tavole italiane cibi pericolosi per 24,5 miliardi di euro
di Alessandra Iannello
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Giovedì 14 Febbraio 2019, 14:57 - Ultimo aggiornamento: 16:28

Mozzarella sbiancata con la soda, pesce vecchio rinfrescato con il cafados (sostanza chimica illegale che fa sembrare fresco il pescato), carne dei macelli clandestini di animali rubati, pane cotto in forni con legna tossica, nocciole turche prodotte con il lavoro dei minori, miele “tagliato” con sciroppo di riso o di mais questi alcuni dei cibi che la mafia mette nel piatto degli italiani. I dati del sesto Rapporto Agromafie 2018 in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’ agroalimentare rivela dati sconcertanti.

I prodotti illegali, pericolosi o frutto dello sfruttamento dei lavoratori hanno generato nel 2018 un fatturato di 24,5 miliardi di euro (+12,4% rispetto al 2017), 399 allarmi alimentari e oltre 30mila ecoreati legati alla gestione dei rifiuti. I settori più colpiti sono il vino con +75% nelle notizie di reato, la carne dove sono addirittura raddoppiate le frodi (+101%), le conserve con +78% e lo zucchero dove nell’arco di dodici mesi si è passati da zero e 36 episodi di frode. Nell’ultimo anno sono stati sequestrati 17,6 milioni di chili di alimenti di vario tipo per un valore di 34 milioni di euro con lo smantellamento di un’organizzazione fra Campania, Puglia, Emilia Romagna, Sicilia e Veneto che importava zucchero da Croazia, Isole Mauritius, Serbia e Slovenia e lo immetteva nei canali del mercato nero attraverso fatture false per rivenderlo a prezzi stracciati a imprenditori che lo usavano per adulterare il vino. «Il comparto agroalimentare – dice Gian Carlo Caselli, presidente del Comitato Scientifico della Fondazione “Osservatorio Agromafie” - si presta ai condizionamenti e alle penetrazioni: poter esercitare il controllo di uno o più grandi buyer significa poter condizionare la stessa produzione e di conseguenza il prezzo di raccolta, così come avere in proprietà catene di esercizi commerciali o di supermercati consente di determinare il successo di un prodotto rispetto ad altri».

 

 


Per sensibilizzare i consumatori riguardo i pericoli nascosti nella borsa della spesa, Coldiretti ha creato un “menù del crimine” che vede fra gli antipasti la mozzarella sbiancata con carbonato di soda e perossido di benzoile oppure le frittelle di bianchetti, conosciuti a Napoli come “cicinielli”, vietati dal regolamento UE 1967/2006 che ne mette fuori legge la cattura, lo stoccaggio, l’immagazzinamento e la vendita che purtroppo però avviene attraverso vie illegali.
Si passa ai primi con il riso che arriva dalla Birmania frutto della persecuzione e del genocidio dei Rohingya mentre per quanto riguarda i secondi ecco il pesce vecchio “ringiovanito” con il cafados oppure una bistecca che arriva da macelli clandestini senza alcun controllo sanitario sulla carne e sui locali nei quali viene sezionata e tantomeno sulle procedure igieniche usate dai “macellai”.

Nei contorni la “tavola del crimine” propone tartine di tartufi cinesi spacciati per italiani visto che il “Tuber indicum” è simile del tartufo nero nostrano al quale assomiglia nell’aspetto senza però possederne le qualità organolettiche e funghi porcini secchi romeni. Il tutto innaffiato da vino scadente adulterato con lo zucchero (la cui aggiunta è vietata in Italia) e condito con olio di semi colorato alla clorofilla al posto dell’extravergine. Ad accompagnare i piatti illegali c’è il pane cotto in forni clandestini dove si usano scarti di legna e mobili laccati contaminati da vernici e sostanze chimiche. Al momento del dolce ecco arrivare biscotti, torte e dessert vari contenenti miele “tagliato” con sciroppo di riso, mais o zucchero e nocciole turche o banane dell’Ecuador prodotte dal lavoro minorile.

Se in Italia la mafia è un fenomeno criminale, all’estero è un business da milioni di euro per le attività che prendono i nomi di famiglie mafiose. Il ristorante parigino “Corleone” di Lucia Riina a Parigi, la figlia del defunto boss, è solo l’ultimo arrivato ma nel mondo sono numerosi gli esempi di naming legati alla mafia. È diventato un caso internazionale la catena di ristoranti spagnoli “La Mafia” (“La Mafia se sienta a la mesa”) che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari. Dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia si trovano ristoranti e pizzerie “Cosa Nostra” mentre a Phuket in Thailandia c’è addirittura un servizio take-away con questo nome. Per non parlare dei locali “Ai Mafiosi”, “Bella Mafia” e “Mafia Pizza”.

Purtroppo il nome “mafia” è diventato un sinonimo di “made in Italy” anche per i prodotti. Così in Norvegia, sul sito della Tv pubblica, il cannolo siciliano è stato presentato come “Mafiakaker eller cannoli” (“Il dolce della mafia, i cannoli”), in Bulgaria si beve il caffè “Mafiozzo”, in Gran Bretagna si mangiano gli snack “Chilli Mafia”, in Germania si trovano le spezie “Palermo Mafia Shooting” e il “Fernet Mafiosi”, a Bruxelles c’è la “SauceMaffia” mentre negli Usa si vende la salsa “Wicked Cosa Nostra” e il vino Syrah “Il Padrino”.

Su Internet è poi possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook”, comprare caramelle sul portale www.candymafia.com o ricevere i consigli di mamamafiosa (www.mamamafiosa.com) con sottofondo musicale a tema e storia dell’autrice del blog che racconta di come non sapesse di essere la moglie di un mafioso e di aver gestito con lui per anni un ristorante prima che il consorte venisse ucciso da un killer.
 

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