Di Maio vede Parolin: asse per i negozi chiusi di domenica

Di Maio vede Parolin: asse per i negozi chiusi di domenica
di Franca Giansoldati
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Giovedì 14 Febbraio 2019, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 09:36

CITTÀ DEL VATICANO - I 5Stelle cercano sponde al di là del Tevere. Il dinamismo di quest’ultimo periodo da parte del Movimento si può spiegare come il tentativo di catturare le simpatie della Chiesa sfruttando terreni di interesse comune. A mandare segnali importanti è stato il vice premier Luigi Di Maio che, nel silenzio dell’ufficialità, una decina di giorni or sono, è stato in Vaticano per incontrare il cardinale Pietro Parolin. Aveva già avuto modo di conoscere il Segretario di Stato due anni fa quando, per una coincidenza temporale, entrambi si trovavano a Washington.

Parolin era nella capitale Usa per le celebrazioni del centenario della conferenza episcopale americana. Il grillino - saputo della presenza di Parolin - chiese all’ambasciata di organizzargli un incontro. Così è stato. Nel pomeriggio veniva accolto nella sede della nunziatura. «Leggiamo tante cose su di voi…» fu una delle battute di Parolin per rompere il ghiaccio, incuriosito dalle ragioni del viaggio americano di Di Maio. Per Di Maio fu l’occasione per spiegare la sua idea di un Movimento nato per contrastare le lobby. 

INTERESSI
Oggi c’è chi ha voluto leggere il nuovo incontro come un’asse in chiave anti Salvini ma naturalmente è solo una ipotesi senza fondamento. Quello che è certo, invece, è che l’intento, almeno di Di Maio, è di dirigere l’attenzione del Vaticano sui temi che hanno registrato un massiccio impegno da parte dei pentastellati. A cominciare dalla chiusura dei negozi la domenica. E’ chiaro che le europee si avvicinano e, nella confusione del momento, a Di Maio è utile non avere contro i vertici della Chiesa, o perlomeno un ulteriore fronte avverso. Non che il Vaticano possa spostare voti come poteva accadere ai tempi della Balena Bianca, quando bastava un cenno del Segretario di Stato per fare partire la rete parrocchiale a supporto di un candidato piuttosto che un altro. Tutto questo non esiste più. I tempi stavolta sono più complicati. Di sicuro però la Chiesa resta ancora un punto fermo con il quale fare i conti. 

La legge sulla chiusura dei centri commerciali la domenica è in dirittura d’arrivo. Chissà però se i vertici della Cei o del Vaticano, che in questi anni non hanno lesinato benedizioni all’iniziativa, sono a conoscenza degli effetti concreti che produrrà. Perché a sentire gli esperti sarà causa di una emorragia occupazionale notevole, fino a 80 mila posti di lavoro in meno. E di questi tempi non è proprio un dettaglio. In questi due anni vescovi e cardinali si sono ciclicamente espressi a favore della campagna sul rispetto del settimo giorno. 

LA DELEGAZIONE
Papa Francesco rivolgendosi ai fedeli aveva detto: «L’astensione domenicale dal lavoro non esisteva nei primi secoli: è un apporto specifico del cristianesimo. Fu il senso cristiano del vivere da figli e non da schiavi, animato dall’Eucaristia, a fare della domenica, quasi universalmente, il giorno del riposo». Gli interventi della Chiesa sono aumentati di intensità e le voci nel mondo cattolico hanno fatto fronte comune. «Senza domenica non si può vivere» ha aggiunto il cardinale Gualtiero Bassetti. 

Stasera, intanto, a Villa Borromeo l’ambasciata presso la Santa Sede ospita il ricevimento per l’anniversario dei Patti Lateranensi nel quale le delegazioni del Vaticano e dell’Italia si trovano a porte chiuse per un confronto che non è mai scontato. Una mezz’ora a disposizione per passare in rassegna alle cose fatte durante l’anno. Per la parte vaticana ci saranno Parolin, il Sostituto venezuelano Pena Parra, il segretario della Cei, Russo, il cardinale Bassetti, il ministro degli Esteri, Gallagher. Ancora incerta invece la composizione della delegazione italiana. Sicuramente il sottosegretario Giorgetti e il premier Conte. Niente Salvini, reduce da una battaglia a distanza con la Chiesa per la questione dei migranti: «Deve incontrare i pastori sardi», spiegano al Viminale.

La cornice istituzionale è tale che è difficile potranno emergere gravi contenziosi di natura bilaterale. Il fair play dovrebbe prevalere anche stavolta. Nonostante l’orizzonte confuso che preoccupa tutti. 

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