E un giorno all'improvviso il Napoli non è più il Napoli

E un giorno all'improvviso il Napoli non è più il Napoli
di Gianfranco Teotino
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Lunedì 11 Febbraio 2019, 13:04 - Ultimo aggiornamento: 15:50

Il raffronto è impietoso. Un anno fa, dopo 24 giornate di campionato, il Napoli era in testa alla classifica (ebbene sì), con 11 punti più di oggi, aveva segnato 12 gol in più e subito tre gol in meno. C'era grande entusiasmo, il San Paolo era spesso pieno e i napoletani strafelici, inebriati da risultati e spettacolo. Un giorno all'improvviso, oltre che un inno alla gioia, era diventato un canto da esportazione, scopiazzato da tifosi di mezzo mondo. Un'altra vita. Un altro calcio, anche. Ma, prima ancora che impietoso, il raffronto è ingeneroso. Per certi versi, ingiusto. Inevitabile che le vedove di Sarri riprendano fiato, ma non è cambiato soltanto l'allenatore, sono cambiati alcuni giocatori, altri sono un po' invecchiati e sono cambiati gli avversari. Insomma, l'impressione continua a essere che Ancelotti non sia il problema, ma la soluzione.
IL CAMBIO
Il calcio, si sa, non è una formula chimica. Il rendimento è il prodotto di un mix di fattori che si combinano in modi non sempre prevedibili. Lo stesso Sarri, indiscusso maestro a Napoli, è finito dietro la lavagna a Londra, pur avendo una squadra persino più forte negli uomini: i sei schiaffoni presi ieri dal Chelsea a Manchester ne mettono fortemente a rischio il futuro di allenatore top. Ancelotti invece ha un passato, un presente e un futuro. Il suo calcio universale ha permesso a un Napoli tutt'altro che rinforzato dal mercato di restare la prima squadra italiana alle spalle di una Juventus hors categorie e di sfiorare una qualificazione in Champions che avrebbe avuto del miracoloso. I principali pregi dell'Ancelotti napoletano sono stati l'aver saputo normalizzare il gioco, pur senza cancellarne l'ispirazione offensiva, la valorizzazione di giocatori trascurati dal suo predecessore (Maksimovic e Zielinski su tutti), l'impiego di giovani promettenti da far maturare (Meret, Fabian Ruiz e Malcuit) e la serenità che trasmette all'ambiente. Poi naturalmente ci sono anche dei difetti. Il principale sembra essere una certa timidezza in trasferta, dove la squadra ha già subito tre sconfitte e dove nelle ultime tre uscite (Inter, Milan e Fiorentina) non è riuscita a segnare neppure un gol.
I PROBLEMI
Non giocando con l'intensità e i ritmi voluti da Sarri, il Napoli risente ancora maggiormente dell'assenza di Jorginho, o comunque di un giocatore capace di dettare i tempi di gioco. Ancelotti aveva provato ad affidarne i compiti a Hamsik, che ha altre caratteristiche ma l'esperienza adatta a provarci. Ora che non ci sarà più il capitano, la situazione non migliorerà: Fabian Ruiz ha tecnica e gamba, una grande mezzala in fieri, non un regista.
A gennaio, Ancelotti ha dovuto digerire anche l'addio di Rog. Nello stesso tempo deve fare i conti con l'usura di alcuni protagonisti dei tempi di Benitez e Sarri: Albiol, Callejon e Mertens su tutti, oltre all'ultimo Hamsik. De Laurentiis ha perso l'occasione di rinforzare la squadra, preferendo godersi l'attivo di bilancio monstre di 66 milioni della stagione 2016-17. Ancelotti è la sua polizza sul presente e sul futuro del Napoli.

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