Il Paradiso delle Signore a rischio chiusura, il produttore Pecorelli: «Il problema sono i costi»

Il Paradiso delle Signore a rischio chiusura, il produttore Pecorelli: «Il problema sono i costi»
di Valeria Arnaldi
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Sabato 9 Febbraio 2019, 23:43

Potrebbe non vedere la quarta stagione “Il Paradiso delle Signore”. La Rai sta infatti pensando di non rinnovare la serie in onda ogni pomeriggio da lunedì a venerdì, prodotta per Rai 1 da Aurora TV, diretta da Giannandrea Pecorelli. Ed è con lui che parliamo di quanto sta accadendo.

Vi aspettavate di correre un rischio del genere?
«No, proprio no. Questo progetto è nato con la Direzione Generale, la Rai ha fatto investimenti per sollevare il daytime di Rai 1, che era particolarmente in sofferenza negli ultimi anni e rispetto alle altre reti era in perdita ad ogni stagione. Dopo un inizio, come tutti, zoppicante, sono bastati uno/due mesi per avere il boom di ascolti».
Peraltro in una fascia non facile.
«Ci scontriamo con Maria De Filippi e Barbara D’Urso e più di una volta siamo arrivati quasi ai livelli di share della De Filippi».
Il problema sarebbe nei costi.
«Ci si riempie tanto la bocca dell’equazione costi-benefici, ma poi mi sembra che a volte venga valutata, altre no. Quando si è trovato un prodotto che richiede un impegno economico relativo, calcolando che sono 180 puntate, e viene venduto su più piattaforme, oltre alla trasmissione pomeridiana, bisognerebbe presentarlo come modello replicabile, di certo non considerarlo obsoleto e non produttivo. Il modello de “Il Paradiso delle Signore” permette l’ottimizzazione dei costi, la fidelizzazione dei clienti, lo sfruttamento su più piattaforme lo ripeto, e la vendita internazionale».
Allora, come si spiega l’idea di non procedere con la quarta stagione?
«Si spiega molto poco. In una produzione di questo genere, il 90% dell’investimento fatto è impiegato per la retribuzione della forza lavoro, per l’occupazione. Nei prime time, per non parlare del cinema, si scende al 30/40%. Poteva essere un esempio virtuoso per altri, non parlo solo per la mia società. Abbiamo fatto una scommessa ed è andata bene. Sono produttore da trent’anni. La maggior parte di questo lavoro è su Roma e Roma come città della televisione, con più strutture fisse dedicate, è interesse comune. Anni fa si diceva che il lavoro era stagionale. La serialità lo rende annuale. Maggiore stabilità fa bene a tutti».
Quante persone lavorano alla serie?
«Sono 180 fisse tutte le settimane, alle quali vanno poi aggiunte le comparse. Si arriva a 500 persone mediamente impegnate nella settimana. Ci stupisce l’approccio della Rai che dovrebbe tendere a garantire posti di lavoro e a ottimizzare costi. Capisco che questa serie è frutto di una differente strategia aziendale, ma…».
La terza stagione attualmente in corso dovrebbe finire in primavera.
«Sì, siamo 4/5 settimane avanti rispetto alla messa in onda. È stata trasmessa la puntata 110, noi stiamo girando intorno alla 150/160. A metà marzo finiremo le riprese. Non si sta pensando a sospendere la stagione ma a non rinnovare la serie. Sono stati fatti investimenti notevoli dalla Rai e anche da parte nostra, abbiamo messo quasi il 30%, e non si potrebbero recuperare. Abbiamo 3000 metri quadri di set coperti e 2000 scoperti, che sarebbero abbandonati. È la famosa industria televisiva che in Italia si è realizzata raramente. Penso a “Un posto al sole”, che però dura venti minuti, noi ne facciamo quaranta e più o meno con gli stessi costi».
Quanto costa “Il Paradiso delle Signore”?
«Circa 100mila euro per ogni puntata ma la quota Rai è inferiore, è ovvio che questa cifra moltiplicata per 180 puntate fa 18 milioni di euro, ma è un costo decisamente più basso di altre produzioni. Se guardiamo al prime time, togliendo Montalbano che costa di più, in media 100 minuti costano 1milione 200/300mila euro. Per noi 100 minuti sono circa  200mila euro. Non siamo prime time, certo, ma oggi la fruizione è diversa, non è più solo quella del passaggio televisivo, su RaiPlay, durante le vacanze di Natale, abbiamo fatto grandi numeri, molti hanno recuperato le puntate che avevano perso. Un dirigente Premium ci ha detto che per loro un prodotto del genere è oro perché crea fidelizzazione».
Non proseguire quindi è un danno da più punti di vista.
«Sicuramente è un danno per l’occupazione ma anche per la progettualità. Non faccio un discorso solo per la nostra azienda. Si è creato un modello utile per fare altre cose, non va abbattuto. Mi dispiace anche come imprenditore. Era una scommessa, lo sottolineo e siamo riusciti a vincerla, mi piacerebbe fosse divisa con altri per aprire tante strade. Chiudere la porta ora è indice di cecità».
 

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