Venezuela, Maduro all'Ue: «Nessuno può darci ultimatum»

Maduro con il ministro della Difesa, Vladimir Padrino (a destra) durante una esercitazione militare a Carabobo, Venezuela
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Domenica 27 Gennaio 2019, 20:21 - Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio, 13:36

Nicolas Maduro tenta di uscire dall'angolo, sull'onda delle pressioni internazionali in favore del suo sfidante, Juan Guaidò. Da una parte, respinge l'ultimatum dell'Ue su nuove elezioni in Venezuela. Dall'altra, tende la mano agli Stati Uniti, sospendendo l'espulsione dei suoi diplomatici. Tuttavia il presidente dimezzato deve fare i conti con le prime defezioni tra i militari, essenziali per la tenuta del regime. E che Guaidò ha chiamato a schierarsi con lui, lanciando un appello a non reprimere le proteste.

 



In una domenica di quiete apparente, dopo il caos e i morti degli ultimi giorni, Maduro ha fatto capire che non intende passare la mano, nonostante la sfida lanciata dal leader dell'opposizione, che lo ha sfiduciato autoproclamandosi presidente, con il sostegno dell'Occidente, parte dell'America Latina e ora anche di Israele. Il bersaglio è l'Ue, che gli ha intimato di convocare elezioni entro pochi giorni, altrimenti riconoscerà la presidenza Guaidò. «Si comportano con arroganza. Nessuno può darci ultimatum», ha tuonato Maduro in un'intervista, e indossando il consueto abito da caudillo ha respinto «l'arroganza delle elite europee che non riflettono l'opinione dei loro popoli».

Maduro ha anche fatto un bagno di realismo, sospendendo l'ordine al personale diplomatico americano di lasciare il Paese entro 72 ore e avviando colloqui per creare una sezione di interessi nelle rispettive capitali. Ma la Casa Bianca, primo sponsor di Guaidò, non ha allentato la presa ed il consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton ha promesso una «risposta significativa» se ci saranno minacce contro «il personale americano, il leader democratico del Venezuela e il parlamento». Maduro può contare sulla protezione della Russia, nonostante le smentite di Mosca sull'invio di propri mercenari a Caracas.

Ma sotto il suo terreno si stanno aprendo altre crepe. L'addetto militare negli Stati Uniti, colonnello José Luis Silva Silva, ha riconosciuto l'autorità di Guaidò e ha chiesto ai commilitoni di non partecipare alla repressione delle proteste contro il governo, invocando elezioni. Maduro ha risposto avviando manovre militari e marciando alla testa di un piccolo contingente, certo che le forze armate non lo tradiranno. Ma la defezione dell'addetto negli Usa potrebbe fare proseliti.

L'appoggio dei militari è determinante e lo sa bene anche Guaidò, che ha dato il benvenuto al colonnello ribelle e ha lanciato un appello a tutti i soldati a «non reprimere le proteste pacifiche», perché «avete una grande responsabilità in questo momento». E pur assicurando che le uccisioni di «innocenti» non resteranno impunite, ha ribadito il suo impegno a concedere un'amnistia a coloro che «si metteranno dalla parte della Costituzione», incluse le centinaia di prigionieri politici «torturati» dal regime.

Il leader dell'opposizione, che l'amnistia l'aveva offerta anche a Maduro, tentando una riconciliazione nazionale, nel frattempo ha continuato a tessere la sua tela per arrivare a nuove elezioni il prima possibile, avviando contatti con funzionari governativi. La tensione in Venezuela continua intanto ad essere in cima alle preoccupazioni del Papa, che da Panama ha espresso l'auspicio di «una soluzione della crisi rispettando i diritti umani e cercando il benessere di tutti i cittadini».

 

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