La Roma popolare e di sinistra nel libro di Pino Santarelli Rosso in cammino

La Roma popolare e di sinistra nel libro di Pino Santarelli Rosso in cammino
di Mario Ajello
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Venerdì 25 Gennaio 2019, 21:39 - Ultimo aggiornamento: 21:43
Dare alla politica e non prendere dalla politica. Questa la morale della storia di Pino Santarelli. Una storia romana, una vicenda esistenziale tutta vissuta a sinistra, in una Roma popolare - le borgate dell’infanzia e della maturità, Pigneto, Mandrione, Alessandrina, Centocelle, Torre Spaccata, Torre Maura, Giardinetti, poi San Lorenzo - che c’è ancora, come prima ma peggio di prima, e in buona parte non è più a sinistra. Il Pci, il Manifesto, il Pdup, Lucio Magri, Luciana Castellina, un’infinità di altri amici e compagni, la militanza e l’amore (Luisa, che poi sarebbe diventata sua moglie, la conosce e la corteggia alla federazione comunista di via dei Frentani), il lavoro di biologo al Cnr, il ritorno nel partitone, la nuova fuoriuscita per Rifondazione Comunista, le delusioni che preludono ad altri rilanci dell’impegno, le origini abruzzesi (Scurcola), l’emancipazione personale e familiare, i libri letti e ora anche questo che Santarelli ha scritto: «Rosso è il cammino». Un’autobiografia militante, con prefazione di Alessandro Portelli e introduzione di Simone Oggionni (Edizioni Bordeaux). 

La cosa bella del libro - per cui merita di essere dedicato ai nipoti dell’autore, Leo e Emma, «affinché colgano il significato delle origini, di una parte delle loro radici» - è che in questo lungo tragitto ostinato e contrario il protagonista riesce, ed è quasi una rarità nel suo contesto, a non cedere ai bassi istinti dell’ideologia, a restare aderente a una concezione umanitaria, aperta, progressista e non dogmatica dell’essere rocciosamente comunista. La burocrazia della rivoluzione (mancata) non lo ha minimamente riguardato. Anzi, il suo tratto di irregolare, pur nel rigore della militanza, è quanto di più prezioso possa esserci in Santarelli. 

Uno che, mentre la violenza gli girava intorno, sapeva smontarla come fece quel giorno terribile del famoso corteo del 12 marzo del ‘77. Un gruppo di autonomia operaia svaligia l’armeria sul Lungotevere ed esce trionfante dall’esproprio proletario agitando la merce trafugata: pistole, coltelli, fucili. A un ragazzo che mostra come trofeo di guerra una canna da pesca, Santarelli si rivolge così: «Ma ora che cosa ci fai con questo aggeggio? Scenni ar fiume e ce vai a pesca’?». E il ragazzo - si legge nel libro - «capì il senso ironico e piccato della mia domanda e mi rispose: so’ cazzi mia, ma che sei ‘na guardia?». E quando è in viaggio di nozze, Santarelli non si perde un corteo. Quando, nel ‘63, è in ospedale per farsi curare un’ulcera, a un certo punto sente le voci di un corteo e richiamato da questi slogan degli edili in sciopero scappa dalla corsia e si unisce ai manifestanti. Una passione travolgente per la politica, vissuta con serietà ma anche con leggerezza, conservando un’autoironia che non è stata di molti comunisti. Ed è anche grazie a questa risorsa che ancora adesso, quando tutto è finito, la fiducia di Pino nella politica sembra intatta come quella di un bambino che coccola il suo peluche e gli attribuisce tutta l’importanza che merita. 
L’inesauribile curiosità personale e politica di Santarelli rendono questo libro un romanzo di formazione e la formazione del protagonista, ormai quasi ottantenne, sembra non finire mai. E qui sta l’attualità di «Rosso in cammino» e la totale assenza di nostalgismo in queste pagine fatte di Roma di giorno, di Roma di notte, di mercati, di tram, di riunioni, di volantinaggi, di feste, di viaggi. Ed è quasi un’avventura picaresca, quella di un eterno ragazzo che dal dopoguerra ad oggi - tra una sezione e l’altra, tra bevute, discussioni, rotture, riconciliazioni - rincorre l’idea di una società non diseguale. Senza mai flirtare con gli estremismi e senza mai scadere nel politicismo, nel carrierismo o nel velleitarismo gruppettaro. E così «Rosso in camino» diventa un piccolo grande affresco nazionale e popolare. Una sinfonietta folk e non una messa cantata al passato di un’illusione. 

Il libro verrà presentato il 7 febbraio alle 19 alla libreria Caffè Tomo in via degli Etruschi 4 da Luciana Castellina, Simone Oggionni, Sandro Portelli, Claudia Pratelli e Stefano Ciccone con l'autore.
 
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