Cara Castelnuovo, migranti in fuga: «Sono nei bar di Termini»

Cara Castelnuovo, migranti in fuga: «Sono nei bar di Termini»
di Alessia Marani
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Giovedì 24 Gennaio 2019, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 12:52

Si muovono come fantasmi, sguardi bassi, hanno paura, non sanno di chi fidarsi. Sono fuggiti. Cinque di loro hanno già ricevuto il decreto di espulsione e in due si sono allontanati in gran fretta dal Cara di Castelnuovo di Porto, destinazione stazione Termini, per fare perdere le proprie tracce e andare a ingrossare il mare magnum dei disperati e senzatetto. Ma non sono i soli.

In un bar che affaccia su via Giolitti compulsano gli smartphone agganciandosi al wi-fi. Bakaru, che adesso vive a Giardinetti e ha una casa e un lavoro, ma che fino al 2016 era ospite del centro di accoglienza a Nord della Capitale ora in via di smantellamento, riconosce un ex coinquilino del Cara. Lo saluta, parlano in bambara, una lingua del Mali. «Ha paura, non vuole parlare, non sa dove andare, teme che lo mandino via dall'Italia», spiega. Ma alle domande in italiano o in inglese il ragazzo non risponde più. Altri vicino a lui negano di arrivare da Castelnuovo di Porto. Si dileguano. Il Viminale è stato chiaro: «Chiudendo un Cara così grande, adesso che gli sbarchi dei migranti sono diminuiti, risparmieremo sei milioni di euro l'anno».

La rete Baobab alla stazione Tiburtina è mobilitata. È qui - prima della chiusura della tendopoli non autorizzata - che erano approdati come teleguidati i somali della nave Diciotti protagonisti della fuga-beffa dall'accoglienza offerta dalla Cei a Rocca di Papa e poi portati al confine dai volontari per tentare di raggiungere la Francia.

Sono due, infatti, le principali rotte seguite dagli stranieri in fuga. Una segue i bus di linea fino a Termini, mentre a Tiburtina arrivano i treni da Fara Sabina che passano per la stazione di Monterotondo Scalo, la più vicina alla struttura di accoglienza da dove martedì i pullman hanno cominciato a trasferire gli occupanti. Andrea Costa, presidente di Baobab è stato di persona a Castelnuovo di Porto e «se qualcuno arriverà a Roma, noi ci siamo», dice. Emergenza su emergenza: i migranti si riuniscono in piazzale Spadolini, si ritrovano sotto i portici della stazione ferroviaria, l'altro giorno l'ennesimo sgombero disposto dalla prefettura. E adesso arrivano anche i transfughi del Cara alla periferia di Roma.

REBUS NUMERI
Ieri sono partiti altri tre torpedoni da Castelnuovo, 75 persone, martedì il primo pullman con una trentina di migranti, tutti destinati ad altre regioni. Oggi si continuerà, arrivando ad almeno 305 trasferimenti entro domani. Ma su che fine faranno i rimanenti duecento regna l'incertezza. Di sicuro c'è che coloro che non hanno più diritto all'accoglienza (quelli che prima del decreto sicurezza erano tutelati dalla cosiddetta protezione umanitaria che ora non ha più valore), probabilmente una ventina, hanno già fatto i bagagli. Qualcuno fa l'autostop lungo la Tiberina, altri sono saliti sui treni o hanno preso il bus di linea che prima arriva alla stazione Flaminia e di lì con il 910 fino a piazza dei Cinquecento.

Josè Manuel Torres, il parroco di Castelnuovo di Porto, sta ricevendo offerte da fedeli e altre parrocchie di zona per poter sistemare una decina di persone. «Anche il mio sagrestano, nigeriano, ha rifiutato il trasferimento e ha trovato ospitalità da un amico pur di non ricominciare da zero altrove - racconta -, ma resta l'incognita di coloro che non hanno più un titolo per restare in un centro d'accoglienza: quanti sono e in quali condizioni si troveranno?».

IL BOMBER
Ieri, tra lacrime e abbracci, c'è stata anche l'ultima sgambata in allenamento con la Castelnuovese per Anszou Cissé, 19 anni, senegalese, soprannominato «bomber», idolo dei tifosi. Anche lui dovrà andarsene, da due anni militava per i colori locali, studiava e sognava un futuro da fuoriclasse. La prefettura, intanto, sta valutando le situazioni di particolare fragilità, come quella di una ex prostituta sola con il figlio piccolo; per altri la prospettiva, oltre la strada, è l'espulsione. Difficile il tentativo di varcare i confini, alcuni sarebbero già stati respinti in precedenza.

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