Afghanistan, sangue sul disimpegno Usa: autobomba dei talebani contro scuola militare, 130 vittime

Afghanistan, sangue sul disimpegno Usa: autobomba dei talebani contro scuola militare, 130 vittime
di Flavio Pompetti
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Martedì 22 Gennaio 2019, 01:44 - Ultimo aggiornamento: 18:22

NEW YORK Un attacco suicida di miliziani talebani ha provocato ieri mattina una delle più sanguinose perdita di vite umane nei diciassette anni di guerra che hanno devastato l’Afghanistan. Il commando ha preso di mira un centro di addestramento dell’Nds (National Directorate of security) a sud ovest di Kabul, presso il capoluogo di Maidan Sahr, e si è aperto la strada con un Humwee precedentemente rubato all’esercito statunitense, e imbottito di esplosivo.

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Il veicolo lanciato a tutta velocità ha abbattuto il cancello di ingresso dove ha mietuto le prime vittime, e poi è esploso a contatto con l’ampio edificio di due piani, causando il crollo parziale della struttura. Altri combattenti talebani si sono introdotti nel perimetro approfittando della confusione e hanno aperto il fuoco fino a che sono stati uccisi dagli agenti governativi. Alla fine del confronto, le vittime sono sicuramente più di 100, forse 130, anche se il comando militare e il governo di Ashraf Ghani hanno cercato a lungo di minimizzare il volume delle perdite. Ci sono testimoni oculari che hanno visto le vittime arrivare negli ospedali di Kabul, e riempirli oltre la capacità del personale medico di attendere ai feriti.
IL TERRITORIO
Il conflitto tra l’esercito e i talebani è ancora in piena fase di sviluppo, nonostante le affermazioni contrarie che vengono da Washington, e nonostante la decisione di Donald Trump di ridurre l’impiego dei militari Usa dislocati in Afghanistan. I talebani detengono circa la metà del territorio nazionale, tanto da vanificare gli sforzi del governo centrale nel combatterlo partendo dalla capitale. Negli ultimi mesi gli specialisti dei servizi di sicurezza hanno iniziato ad istruire i volontari in centri periferici come quello della provincia di Maidan Wardak che è stato preso di mira ieri.
IL PRECEDENTE
L’attacco segue di un solo giorno quello lanciato contro un convoglio che proteggeva il trasferimento del governatore della provincia di Logar. Allo stesso tempo si cerca di negoziare la pace. L’inviato di Washington Zalmay Khalilzad ha fatto tappa nelle principali capitali dei paesi arabi nelle scorse settimane per cercare il consenso dei paesi interessati alla pacificazione dell’Afghanistan. Ma i comandi talebani nel paese rifiutano di trattare con il governo Ghani, che per loro è una marionetta impiantata dalla Casa Bianca. Preferiscono sedersi a parlare direttamente con i rappresentanti statunitensi, come hanno iniziato a fare ieri a Doha nel Qatar, secondo quanto si legge nel comunicato diffuso dal loro portavoce Zabiullah Mujahid.
IL FUTURO GOVERNO
La presenza dei talebani in un futuro governo successivo alla pacificazione è ormai fuori discussione. La guerra che avrebbe dovuto annientare la loro opposizione, ha fatto contare l’anno scorso 28.000 vittime tra i poliziotti e i militari del governo, secondo le ammissioni dello stesso presidente. 
I mujadhin talebani sono emersi nel paese al termine della guerra che mise fine all’occupazione delle truppe sovietiche in concomitanza con la dissoluzione dell’Ussr nei primi anni ’90. Il gruppo che si definisce l’Emirato Islamico dell’Afghanistan ha amministrato il paese tra il ’96 e il 2001 con il pugno di ferro dell’intransigenza, richiamandosi al codice religioso della Sharia. Dopo l’attacco alle Torri Gemelle di New York gli Usa occuparono il paese e li deposero perché responsabili di aver dato rifugio ai comandi militari di al Qaeda legati alla strage dell’11 settembre.
POCHI MARINES
La guerra è andata avanti fino al 2014, quando gli Usa e i loro alleati hanno dichiarato vittoria, e hanno deciso di ritirare le loro truppe. Da allora un contingente ridotto di marines è rimasto sul territorio per istruire i militari del governo locale a combattere contro le milizie, ma il lungo strascico del conflitto è servito solo a consolidare la presenza dei talebani, e a trasformarla in una forza che ambisce alla rappresentanza politica. 
 

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