La memoria di Sonia Oberdorfer, nata a Firenze il 29 settembre 1918, maestra vissuta principalmente tra Firenze e Genova, si inserisce nel copioso filone autobiografico della generazione di ebrei che vissero guerra e persecuzioni ma riuscirono a sfuggire alla deportazione. Scorrendo l'autobiografia di Sonia Oberdorfer incontriamo negli anni Venti a Ferrara Italo Balbo, Giorgio De Chirico e Rodolfo Siviero nel villino degli zii Castelfranco a Firenze (oggi Museo Casa Siviero), Carlo Sforza e Giorgio Nissim a Roma durante i mesi della Consulta Nazionale, Emanuele Luzzati e la sua arte nel secondo dopoguerra a Genova. La tela di Sonia si dipana lungo una trama di ricordi che privilegiano soprattutto la narrazione dell'adolescenza e della giovinezza trascorse nella Firenze degli anni Trenta, illuminata dalla presenza della zia Matilde Forti, figlia di un colto industriale pratese, e dello zio Giorgio Castelfranco, storico dell'arte, mecenate, direttore della Galleria di Palazzo Pitti.
Su questo mondo come un fulmine a ciel sereno piombarono nel 1938 le leggi razziali.
Nelle sue memorie Sonia racconta che lo zio venne cacciato da Palazzo Pitti, il padre ferroviere fu licenziato, i cugini Giovanna e Paolo Castelfranco che da un giorno all'altro partirono per la Svizzera e poi per l'America. «Neppure ci salutammo - si legge nelle memorie - Si salveranno grazie alla vendita della preziosa e ineguagliabile collezione dei De Chirico di famiglia, che Castelfranco aveva raccolto quando il giovanissimo pittore veniva a Firenze, ospite della sua villa di lungarno Serristori, oggi museo casa Siviero».
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