In cima alla classifica delle nazioni più illiberali sul piano religioso si conferma la Corea del Nord, dove si stima siano ancora detenuti nei campi di lavoro tra 50 e 70 mila cristiani. A seguire sono l’Afghanistan e la Somalia, a motivo di società islamiche radicalizzate e d’instabilità politica endemica e poi la Libia, il Pakistan, il Sudan, l’Eritrea, lo Yemen, l’Iran, l’India e la Siria. Ben undici Paesi, dove Porte Aperte, ha riscontrato una realtà di persecuzione “estrema” dei cristiani e di altre minoranze.
Tra i continenti più a rischio di morte è l’Africa, dove in un solo Paese la Nigeria si concentra massima parte delle uccisioni di cristiani, ben 3.731 lo scorso anno. E, peggiora la situazione anche nel nord in Libia, Algeria, Egitto, Tunisia, Marocco e nel corno d‘Africa in Etiopia ed Eritrea.
In Asia, un cristiano su tre è definibile perseguitato. La Cina, sale al 27mo posto della lista e al primo posto per il numero d’incarceramenti e l’India al 9no posto si distingue per le leggi anti-conversione approvate in otto Stati, per cui non passa giorno – denuncia Porte Aperte – senza che un cristiano o una chiesa non subisca un’aggressione in questo Paese. Nel Medio Oriente peggiora la situazione in Siria e nello Yemen. Nell’Asia centrale si segnalano Uzbekistan e Turkmenistan per attacchi a chiese e impedimenti per i cristiani a riunirsi. Nella lista compare anche la Federazione russa al 41 mo posto per alcune leggi restrittive sulla libertà religiosa e gli attacchi alle chiese in Dagestan e Cecenia.
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