ll tesoro rubato dai nazisti è ancora nascosto in Germania

L opera Asparagi di Kathe Loewenthal viene restituita agli eredi dal Kunstmuseum di Stoccarda
di Flaminia Bussotti
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Sabato 12 Gennaio 2019, 01:32 - Ultimo aggiornamento: 08:22

BERLINO Lo Stato tedesco, a 74 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, è ancora in possesso di migliaia di opere d’arte di provenienza oscura: quadri, sculture, mobili, su cui grava il sospetto possa trattarsi di Raubkunst, oggetti d’arte rubati o acquisti dai nazisti con metodi dubbi da famiglie, per lo più ebree durante la guerra. Secondo quanto rivelato questi giorni dalla Bild, e confermato dal ministero delle finanze, e poi ulteriormente approfondito da un’indagine dallo Spiegel, circa 2.500 opere si trovano oggi nei depositi del governo a Berlino-Weissensee, o esposte nei musei o negli uffici di istituzioni pubbliche, in attesa che si chiarisca la loro provenienza e si possa risalire ai legittimi proprietari. 

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IL CENSIMENTO
In tutto, il patrimonio dello Stato conservato nei depositi ammonta a 48.000 oggetti fra dipinti, sculture, strumenti musicali, mobili, porcellane, libri antichi, monete e francobolli. Di circa 2.500 di essi (2.100 quadri più monete e libri) deve essere ancora identificata la provenienza e la legittima proprietà. Il tema dell’arte trafugata durante la guerra dai nazisti è stato a lungo tabù in Germania e solo una ventina di anni fa Berlino ha aderito al cosiddetto Accordo di Washington, firmato da oltre 40 stati ma inteso solo come dichiarazione di intenti, non vincolante legalmente, con cui i firmatari si impegnavano nel 1998 a fare luce sui crimini nazisti ai danni di collezionisti e mercanti d’arte e a cercare di arrivare a un’intesa con gli eredi delle vittime.
 



Finora, a quanto si evince dagli elenchi visionati del Bundesverwaltungsamt (l’ente che amministra i beni pubblici sotto la giurisdizione del ministero delle Finanze), sono state identificate e restituite solo 54 opere (fra cui, nel 2010, la Signora in bianco con quaderno di Battista Lampi il vecchio). Attualmente, secondo quanto dichiarato dal ministero della Cultura, il governo sta trattando la restituzione di altre 12 opere rubate durante la guerra. Fra il 1933, avvento di Hitler al potere, e il 1945, fine del conflitto, il regime nazista ha trafugato innumerevoli opere d’arte – razziate, confiscate o sottratte a condizioni capestro – da collezionisti o proprietari privati, in prevalenza ebrei. Fra la Germania e tutti gli altri paesi, stime indicano fra 600.000 e cinque milioni il numero delle opere razziate. Molte si trovano ancora oggi, spesso non identificate, nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo. 

IL PRECEDENTE
Di Raubkunst si è cominciato a parlare accesamente in Germania dopo il caso sensazionale di Cornelius Gurlitt (1932-2014), il collezionista figlio del noto mercante d’arte Hildebrand Gurlitt (1895-1956) che commerciava per conto dei nazisti, nella cui abitazione a Monaco fu trovato un vero e proprio tesoro di opere d’arte. Circa 1.500 fra cui capolavori assoluti (fra gli altri di Chagall, Picasso, Canaletto, Renoir, Matisse, Nolde, Marco, Kokoschka) su cui pendeva il sospetto si trattasse di arte rubata dai nazisti. Nel frattempo, solo poche delle tele si è potuto accertare fossero opere sottratte dai nazisti. Il caso, anche per l’accidentalità della scoperta, ha calamitato per mesi l’attenzione pubblica in Germania e ridato impulso alla volontà dello Stato di fare i conti anche con questo odioso capitolo dell’eredità del nazismo.

Una grande mostra, appena chiusasi al Martin Gropius Bau a Berlino, mostrava le opere della collezione Gurlitt, sequestrate dalle autorità nel 2013 dopo la loro scoperta un anno prima. 
In Germania non esiste una legge sulla restituzione, a differenza dell’Austria che nel 2012 ha varato una legge per la restituzione ai legittimi eredi delle opere trafugate durante il nazismo. Il caso più noto è quello del famoso quadro di Gustav Klimt, il Ritratto di Adele Bloch-Bauer, esposto fino allora al Museo Belvedere, che nel 2006 fu restituito ai discendenti della famiglia ebrea e poi comprato dall’imprenditore Ronald Lauder per la collezione della Nuova Galleria da lui fondata a New York (si mormorava all’epoca per la cifra record di 135 milioni di dollari). Recentemente il tema delle restituzioni delle opere rubate dai nazisti ha trovato nuovo impulso con l’iniziativa senza precedenti del direttore degli Uffizi a Firenze, il tedesco Eike Schmidt, che l’ultimo dell’anno, davanti alle telecamere, ha appeso una copia di una tela trafugata dai nazisti – il Vaso di fiori del pittore olandese Jan van Huysum, rubato da un soldato tedesco durante la seconda guerra – chiedendo al suo governo di adoperarsi per la restituzione del quadro.

Schmidt, che sembrava peraltro che a fine anno dovesse lasciare gli Uffizi per andare a dirigere il Kunsthistorisches Museum a Vienna (ma la cosa non è ancora sicura), ha accompagnato la sua performance mediatica con un accorato appello: ci auguriamo, ha detto, che nel corso del 2019 il quadro possa essere finalmente restituito alle Gallerie degli Uffizi cui appartiene. Sono seguite poi nei giorni seguenti le inchieste di Bild e Spiegel e l’annuncio simbolico, lo scorso 8 gennaio, della ministra della Cultura, Monika Grütters, della restituzione di un quadro della collezione Gurlitt (Ritratto di donna seduta del francese Thomas Couture) agli eredi del proprietario ebreo. Alla Raubkunst era dedicato anche un film di e con George Clooney del 2014, The Monuments Men, sulla caccia degli alleati alle opere d’arte rubate e nascoste dai nazisti in Germania.
 

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