Per quanto possa sembrare inverosimile, visti i legami che uniscono una banca all’altra è sufficiente che un solo istituto d’importanza regionale entri in crisi per scatenare fibrillazioni nell’intera idraulica finanziaria del Paese: per averne contezza, basta osservare il comportamento sincrono dei titoli bancari in Borsa quando si diffondono notizie, in un senso o nell’altro, sulla singola banca. Quanto a Carige, va detto che nonostante le gravi difficoltà rimane tuttora una infrastruttura fondamentale per un territorio particolarmente segnato dai recenti drammatici eventi genovesi, e che tuttavia mantiene grandi potenzialità industriali e turistiche. Dunque, al ministro Luigi Di Maio e a quanti insieme a lui hanno pesantemente criticato gli interventi dei precedenti governi, che pure non sono esenti da errori, diciamo: benvenuti nel mondo reale.
Resta da capire l’urgenza del decreto e l’ampiezza degli strumenti cui fa ricorso il governo, quasi che la situazione a Genova stesse precipitando ben più velocemente di quanto andavano assicurando i nuovi commissari. Probabilmente ha inciso la nuova ondata di prelievi seguita al commissariamento deciso dalla Bce, che ha assottigliato ulteriormente i depositi e che andava rapidamente fermata: ciò spiega l’ampia garanzia pubblica accordata sulla liquidità che eventualmente («discrezionalmente», precisa la nota diffusa da Palazzo Chigi) fosse messa a disposizione dalla Banca d’Italia.
Naturalmente l’apertura del paracadute statale richiede che nel mentre si procede al rilancio dell’istituto, allo stesso tempo si mettano in luce le responsabilità di quanti in questi anni hanno messo mano al governo della banca, facendo scelte palesemente incongrue o cedendo a pressioni di azionisti mossi più dal desiderio di affermazione personale che dall’interesse sociale. E’ pur vero che le difficoltà di Carige hanno origini lontane e che severe condanne sono già state comminate dai tribunali agli amministratori infedeli; è tuttavia convinzione diffusa che anche nella recente gestione dell’istituto si siano verificati episodi quantomeno dubbi. Sarebbe però illusorio pensare che l’istituzione di una nuova commissione d’inchiesta sulle banche - vista la recente esperienza, francamente assai poco esaltante - possa contribuire a fare chiarezza sui momenti meno trasparenti che hanno condotto l’istituto sull’orlo del baratro. Posto che nel deterioramento dei conti Carige ha inciso non poco anche il gran balzo dello spread provocato dalle parole in libertà pronunciate da esponenti dell’attuale maggioranza e dal braccio di ferro con Bruxelles, l’avvio di una nuova commissione parlamentare (della durata dell’intera legislatura, si è persino detto) verrebbe letta dal mercato come un tentativo della politica di mettere al guinzaglio l’attività delle banche. Con le conseguenze che si possono intuire non solo in Borsa o sul fronte dello spread, ma anche su quello dell’attività creditizia più tipica. Meglio quindi lasciare ai tribunali le eventuali indagini del caso.
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