Marco Gervasoni

Crepe gialloverdi/L’esecutivo di lotta scricchiola

di Marco Gervasoni
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Venerdì 4 Gennaio 2019, 00:24
C’è una legge nella politica politicante. Più i protagonisti e i fan a rimorchio alzano paroloni magniloquenti più appare chiara la strumentalità della loro azione. E’ il caso della campagna di alcuni sindaci, intenzionati a non applicare il decreto sicurezza - a cui ieri il sindaco di Napoli De Magistris ha agganciato la proposta, dello stesso tenore, di accogliere nel Golfo la nave Sea Watch. Per lodare il boicottaggio anti Salvini, bollato come senza senso giuridico da Carlo Nordio ieri su queste colonne, da ex giudici costituzionali ed ex ministri della Giustizia, alcuni hanno scomodato Gandhi e Martin Luther King, Antigone e Sartre, fino a qualche buontempone che, senza vergogna, ha evocato le leggi razziali del 1938. Quando invece il carattere strumentale e di manovra politicienne appare palese man mano che passano i giorni. E’ evidente che questi sindaci, tutti di sinistra, con questa mossa vogliono segnare il territorio, in quel campo di macerie che è il Pd, sia in vista delle primarie per la segreteria che di una eventuale lista alla sinistra dei dem da presentare alle Europee. 


Nello stesso momento, è chiaro il loro tentativo di aprire una breccia nei 5 stelle, attraverso una chiamata di correo della cosiddetta componente di sinistra. Ma è una strategia destinata non solo a rivelarsi fallimentare ma a danneggiare in modo permanente il proprio campo. In primo luogo perché gli attori dell’azione sono i primi cittadini. Il ritorno del cosiddetto partito dei sindaci (che ironicamente una ventina di anni fa, quando sembrava essere in voga, Giuliano Amato chiamò delle «cento padelle») è un segno di debolezza più che di forza. Questo «partito» infatti, oltre a non essere mai riuscito a imporsi, raramente ha portato i suoi leader, gli amministratori delle grandi città, a esercitare una qualsivoglia leadership nazionale. Tanto più che, rispetto al modello di fine secolo scorso, questo è monocolore: comprende solo quelli del Pd e della sinistra. 
<HS9>In secondo luogo, è reale il malessere nei 5 stelle. Basti pensare alla fresca frattura tra il premier Conte, disposto a incontrare i rappresentanti dei sindaci e un Salvini decisamente ostile ai disobbedienti. A questo aggiungiamo qualche settimana fa le uscite critiche del sindaco di Livorno fa e le mozioni anti-decreto approvate dai consigli comunali di Roma e di Torino con il voto congiunto di Pd e 5 stelle. Il disagio sui cavalli di battaglia leghisti di una vasta area grillina, non solo quella che fa capo a Fico, su temi più sociali è palpabile. È solo la ragion politica finora ha evitato fratture più vistose. 

<HS9>E’ probabile tuttavia che nel breve periodo si trovi un accordo: Di Maio non può certo rischiare una crisi di governo prima delle elezioni europee di maggio e farà di tutto per tenere compatto il suo campo. Certo, anche questo affare sarà un’occasione per i 5 stelle di apparire alternativi alla Lega, una tattica fondamentale per loro, ma difficilmente gestibile sul lungo periodo - oltre le europee - senza produrre lacerazioni profonde Anci terreni contigui come si vede con il Reddito di cittadinanza. 
In terzo luogo, l’azione dei sindaci ribelli amplierà ulteriormente le fratture interne al Pd. Al Nazareno sono gli eredi della Dc e del Pci, sono il partito storicamente più vicino alla magistratura, e sono quelli con cui hanno militato Prodi, Napolitano, Mattarella.

<HS9>Più di recente il Pd è stato quello di Minniti, cioè di una proposta politica e di governo fondata sull’idea che la «sicurezza è di sinistra». Come possono coloro che si definiscono sinistra di governo seguire un’iniziativa tanto improvvida, così in contraddizione con i loro presupposti culturali, ancor prima che politici, per di più a rimorchio di figure neppure iscritte al Pd, come Orlando e De Magistris? Per carità abbiamo visto di tutto e abbiamo stomaci forti: del resto sorprende trovare in prima linea nella protesta il renziano Nardella, colui che aveva lanciato la candidatura dell’ex ministro degli Interni a segretario Pd. Ma lo stesso, vedere un Gentiloni e un Minniti che incitano a violare le leggi sarebbe francamente troppo, così come l’adesione a un progetto che assapora tanto di populismo, rosso ed anarcoide, ma pur sempre populismo. Tanto più che, finora in termini sondaggistici ma il banco di prova saranno le europee, è stato Salvini ad incassarne il dividendo. 
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