Il sottosegretario Armando Siri: «Grandi opere, basta ritardi. Decida la gente»

Il sottosegretario Armando Siri: «Grandi opere, basta ritardi, decida la gente»
di Umberto Mancini
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Martedì 11 Dicembre 2018, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 15:22

«Sulla Tav è giusto dare la parola ai cittadini, così come sarebbe auspicabile che il reddito di cittadinanza venisse gestito insieme alle aziende». Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture e consigliere economico di Matteo Salvini, chiede di accelerare i tempi, rompendo l’impasse che circonda due temi fondamentali per il rilancio dell’economia, cioè le infrastrutture, il cui sblocco è legato all’analisi costi benefici, e il sostegno a chi non trova lavoro. 

Confindustria, insieme ad altre organizzazioni datoriali, incontrando il vice premier Salvini, ha sottolineato che la gestione del reddito, proprio per evitare abusi, va fatta insime alle imprese, proprio per creare un ponte tra chi cerca e chi offre lavoro.
«Mi fa piacere che il mondo delle imprese, nella sua totalità, abbia apprezzato questa mia proposta fatta con spirito costruttivo. Naturalmente la decisione finale spetta al vice premier Luigi Di Maio».

Crede che Di Maio possa dare il via libera?
«Aveva già manifestato una disponibilità a trovare una soluzione di questo tipo. Del resto sia noi della Lega che i 5Stelle ritengono il reddito non un sussidio di tipo assistenziale, ma uno strumento di politica attiva del lavoro, per favorire chi è senza occupazione e la vuole trovare».
 



Che garanzie offrono le aziende?
«Primo. Iniziando un percorso in azienda si evitano gli abusi. Il reddito viene gestito, controllato, in maniera puntuale. Secondo. Si dà grande dignità ai lavoratori che iniziano subito un percorso in un contesto attivo, regolamentato, sicuro. Terzo. C’è un vantaggio anche per le imprese che, dopo la formazione e dopo aver visto all’opera chi percepisce il reddito, possono trasformare il rapporto e consolidarlo».

La misura verrà inserita in Senato?
«No, il Reddito avrà una cornice normativa autonoma, ad hoc, che deve mettere a punto il ministero del Lavoro. Sarebbe opportuno coinvolgere anche l’Inps, oltre le imprese, per costruite questo ponte tra chi cerca e chi offre lavoro».

Di Maio ha detto che al Mise si fanno i fatti, lanciando una frecciatina a Salvini che al Viminale domenica ha incontrato gli imprenditori, accogliendo molte delle proposte avanzate...

«Nessuna polemica, ma normale dialettica tra due forze politiche che a volte hanno visioni differenti».
Ma Salvini ha risposto sostenendo che un referendum sulla Tav, altro punto di divisione tra voi e i pentastellati, non sarebbe proprio una cattiva idea...
«La Lega sente la necessità di colmare al più presto il gap infrastrutturale che ci costringe ad essere marginali in Europa. Per intercettare i traffici dobbiamo dragare i porti, realizzare i retro porti e realizzare l’alta portabilità che ci colleghi con il resto d’Europa, evitando che Spagna e Grecia approfittino dei nostri ritardi. Le infrastrutture sono il volano per la crescita».

Un volano inceppato visto che l’analisi costi benefici sulla Tav dovrebbe arrivare solo in prossimità delle elezioni europee, con il triplice rischio di perdere i fondi europei, pagare penali, rinunciare ai posti di lavoro...
«Auspico che non si perda nè tempo, né denaro, né posti di lavoro. Non ce lo possiamo proprio permettere. Credo che alla fine il buon senso prevarrà».
 
Meglio il referendum quindi?
«Quando c’è un impasse, è giusto ridare la parola ai cittadini. Oggi c’è un tale livello di conoscenza su questo tema che non bisogna avere timori. La decisione che emergerebbe sarebbe più saggia di qualsiasi mediazione politica».
In vista dell’incontro Conte-Juncker è ottimista? Troverete una mediazione con la Ue sul deficit?
«Bisogna evitare di inasprire i toni alla vigilia di scadenze elettorali importanti.
Mi auguro che si trovi una intesa perché la manovra dell’Italia ha come obiettivo quello di puntellare la crescita. Aver evitato l’aumento dell’iva va in questa direzione. Certo quello che accade in Francia non è di buon auspicio»

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