Ritratti all’amarena: il Premio Fabbri porta 19 grandi fotografi in mostra a Bologna

L'opera di Silvio Canini
di Nicolas Lozito
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Giovedì 6 Dicembre 2018, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 7 Dicembre, 21:10
È uno degli oggetti di design italiano più famosi al mondo: il vasetto delle amarene Fabbri. Dal contenuto tanto desiderato, il vaso di ceramica bianco decorato in blu si trova da sempre in gelaterie e bar a rappresentare la golosità e il made in Italy. 

Quest’anno l’amarena è protagonista delle 19 fotografie della sesta edizione del Premio Fabbri, “13 anni e un secolo”, in mostra dal 6 dicembre al Palazzo Pepoli Campogrande di Bologna (fino al 13 gennaio 2019, ingresso gratuito). Diciannove scatti che raccontano con storie e stili diversi l’amarena e le sue sfaccettature, realizzate da altrettanti fotografi internazionali. Tutti selezionati da Nino Migliori, storico artista bolognese, padre fondatore della fotografia italiana del Novecento. 



«Ci siamo affidati a Nino Migliori per la sua grande sensibilità fotografica, perché sapevamo che avrebbe chiamato gli artisti giusti la responsabilità di raccontare la nostra storia», racconta Nicola Fabbri, amministratore del gruppo fondato nel 1905, che oggi impiega 300 dipendenti in 11 sedi in tutto il mondo. «È il primo anno che il nostro Premio è rivolto esclusivamente alla fotografia e non potevamo aspettarci risultati migliori: i 19 fotografi si sono proprio tuffati nel nostro vaso di amarene, restituendo dei lavori ricchi e tutti diversi». 

E così la mostra alterna sorprendenti sperimentazioni di linguaggio. Colpisce un lightbox di Mataro da Vergato, che trasforma il vaso in elemento erotico, composto da tanti piccoli corpi nudi. Così come colpisce la gigantografia rossa di Brigitte Niedermair, o il trittico di riflessi di Stefano Mazzali. Vincenza de Nigris, invece, scompone gli elementi e ricrea un’opera minimale e delicata. Altrettanto delicato è lo scatto di Piero Gemelli, con una statua femminile che leggera si appoggia al bordo del vaso. Giovanni Gastel trasforma l’amarena in un elemento di alta moda e Stefano Scheda in un “peccato di gola”. Joe Oppedisano invece trasforma lo stabilimento di Bologna dell’azienda in un’opera che mutua dal futurismo destrutturazione e moltitudine. 



«La mia storia con Fabbri nasce più di mezzo secolo fa», spiega Migliori mentre controlla che ogni opera sia illuminata al meglio. «Io stesso fui protagonista della prima edizione del Premio Fabbri, e vinsi un premio nella categoria delle fotografie». 

«Con questo premio vogliamo restituire una parte della nostra storia e del nostro spirito», aggiunge Nicola Fabbri. «Le prime amarene le faceva la mia bisnonna nel giardino di casa, anche se la vera svolta l’hanno data i vasetti. Ora guardiamo al futuro, alle nuove generazioni, per questo crediamo nella fotografia. La più grande soddisfazione è vedere i giovani che usano le amarene per ricette a cui noi non eravamo abituati, come i cocktail. Ho di recente conosciuto un barman sedicenne a un convegno Aibes: il suo cocktail a base di amarene era il migliore che io avessi mai bevuto». 



Umberto Fabbri, presidente di Fabbri 1905, e Nino Migliori hanno poi annunciato i vincitori del premio, selezionati tra i 19 fotografi. Un premio ex-eaquo assegnato alle italiane Paola Binante, per il dittico "Marena", e Alessia De Montis, per l'opera "Layers-Fabbri", e la giovane Rui Wu, classe 1991, che vive e lavora tra la nativa Cina e l’Italia, con l'opera ".txt". «Opere che riflettono il carattere, la visione e anche lo spirito internazionale dell'azienda», come spiega il presidente Fabbri. 



Dietro una mostra che celebra un marchio però si ritrova uno sforzo di ricerca più profondo. «Interpretare l’iconicità dell’oggetto di design è un inteso lavoro di trascrizione e indagine fotografica», spiega Lucia Miodini presentando la mostra. Non solo, perché avere in un’unica stanza così tante voci importanti della fotografia italiana e internazionale è occasione per una nuova scoperta o un necessario ripasso della scena e delle possibilità di quest’arte. Un'arte che più di tutte ama mettersi in gioco con nuove sfide.  

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