Dispute su un’eredità principesca, che vale miliardi di euro e comprende opere d’arte inestimabili. Un testamento impugnato, collezioni di marmi in procinto di essere vendute all’estero. E l’intero patrimonio della famiglia Torlonia finisce sotto sequestro: Palazzo Torlonia, in via della Conciliazione, a due passi dal Vaticano, ma anche la monumentale Villa Albani, e Villa Delizia Carolina, a Castel Gandolfo. Non solo. Ieri il giudice Fulvio Vallillo, dell’VIII sezione del Tribunale civile di Roma, ha disposto il sequestro giudiziario anche di tutte le collezioni d’arte di proprietà della famiglia, compresi i 623 marmi, la più ricca raccolta privata al mondo di originali romani e greci.
La stessa che era finita al centro di un piccolo giallo: nel 2016, il Mibact aveva annunciato un accordo con la Fon- dazione Torlonia per un’esposizione nel 2018. Ma a distanza di due anni non si sarebbe concretizzato nulla. E ancora: finiscono sotto sequestro anche le collezioni d’arte etrusca, compresi gli affreschi della monumentale Tomba François, conservata proprio a Villa Albani. Tutto “inutilizzabile” fino alla definizione della causa civile o, almeno, finché lo sterminato patrimonio verrà inventariato, catalogato e, soprattutto, stimato, per essere poi equamente diviso tra gli eredi. Nella prossima udienza, fissata il 5 di- cembre, il giudice dovrà anche decidere se disporre o meno il sequestro conservativo di «almeno un miliardo e 800 milioni di euro» e, in caso di conferma del provvedimento, nominerà i custodi giudiziari.
LA DENUNCIA
A rivolgersi al Tribunale, è Carlo Torlonia, primogenito del principe Alessandro, assistito dall’avvocato Adriana Boscagli. È erede del patrimonio insieme a due sorelle e un fratello. Ha raccontato che i fratelli potrebbero averlo allontanato dal padre negli ultimi anni di vita. Solo dopo il decesso del principe Alessandro, avvenuto il 28 dicembre 2017, «ha scoperto le carte della malattia, conti correnti chiusi poco prima della morte, scatoloni chiusi e pronti per essere spediti altrove», si legge nel ricorso. È anche venuto a conoscenza di assemblee convocate a sua insaputa dai fratelli e di «donazioni» - tra cui Palazzo Torlonia - effettuate dal padre agli altri figli dopo l’aggravarsi della malattia. Le stesse che ora vengono contestate.
IL TESTAMENTO
Il testamento impugnato è del novembre 2016. All’epoca, «il ricorrente non riusciva a raggiungere il padre nemmeno con comunicazioni telefoniche, che venivano filtrate dalla secondogenita o dalla segreta- ria, che riferivano uno stato di salute ottimo», si legge ancora nell’atto. «Solo casualmente sono poi venuto a conoscenza dalla stampa che era stata costituita una “Fondazione Torlonia”, in cui né io né i miei figli avevano alcun ruolo, e che aveva assunto in comodato la gestione di tutte le collezioni di opere». Dagli atti, sarebbe anche emerso «il tenta- tivo di vendere all’estero opere statuarie».