“Sei con me”, il libro di Franca Fendi sul marito Luigi Formilli: «Era come il rosmarino, buono su tutto»

Franca Fendi con Luigi Formilli
di di Francesca Nunberg
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Giovedì 15 Novembre 2018, 14:20
Di tutti i privilegi della sua vita, l’unico che riconosce è «quello di avere incontrato Luigi». Difetti non gliene ha mai attribuiti e ci vuole la figlia Federica per farle dire che «sì, forse era un po’ irascibile, ma solo con chi non si comportava bene». La foto che sceglie di mostrare lo ritrae a vent’anni bello come un dio greco. Ce ne fossero di storie come quella di Franca Fendi e Luigi Formilli, dicono tutti. Intanto c’è stata la loro e raccontarla non era scontato: a trovare le parole per dirlo nel libro Sei con me” (Rizzoli), l’ha aiutata la scrittrice Simona Sparaco. Rimasta colpita, dice, dal percorso di quest’uomo, catapultato nella più matriarcale delle famiglie, che ha sempre sostenuto la moglie imprenditrice impegnandosi a portare alto il suo nome nel mondo della moda. A costo di rinunce personali: lasciò un posto di prestigio alla Fao, interruppe il nuoto che era la sua passione.

Terza delle cinque figlie di Edoardo e Adele Casagrande, Franca Fendi è oggi una dolce signora di 83 anni che davanti a un tè e alla crostata fatta in casa accarezza la foto del marito Luigi, scomparso a settant’anni nel 2001, come se fosse lì. «Quando chiudo gli occhi sento le sue mani sulle spalle, mi teneva così, come per proteggermi». Dal piccolo negozio aperto dai genitori in via del Plebiscito all’atelier di via Borgognona, le vicende della maison Fendi fanno da sfondo al rapporto tra Franca e Luigi. L’affermazione del marchio, il design di pellicce e pelletteria, l’arrivo di Karl Lagerfeld, la vendita a LVMH nel nuovo millennio. Più indietro rumoreggia la storia: il fascismo, la guerra, gli anni del boom. Ma Franca vuole parlare solo di Luigi.

Come vi siete conosciuti?
«A Ostia, sulla spiaggia. Avevo 15 anni e scendevo al mare alle 7 di mattina, mi mettevo sotto l’ombrellone a ricamare una sovraccoperta color del cielo (che conservo gelosamente ancora oggi) e alle 9 rientravo. Lui aveva sei anni più di me, era un grandissimo nuotatore, faceva i tuffi, poi riprendeva il trenino e tornava a Roma per il lavoro e la scuola serale. Un giorno mi si fermò davanti e mi disse: signorina, cosa ricama?».
Fu un colpo di fulmine?
«Era impossibile non notarlo, fisico da sportivo, alto uno e 85, ma io ero timidissima e fu lui che mi adocchiò. Poi conobbe le mie sorelle, entrò nella comitiva e alla fine dell’estate aveva deciso che ci saremmo sposati. Prima di me aveva corso tanto la cavallina, la madre gli diceva che io ero una bambina, ma lui rispondeva: aspetterò. Ci sposammo cinque anni dopo. Papà nel frattempo era morto di ictus e mamma lo coinvolse sempre più nell’azienda, diventò la figura maschile di riferimento».
È stato un grande amore?
«Ci siamo subito trovati bene, è venuto naturale. È raro che le persone cerchino di appartenersi. Ma lui mi dava questo mondo e quell’altro».
Anche lei però gli ha fatto un grande dono: il suo rene, nel 1995, con un trapianto a Pittsburgh.
«Quando glielo proposi mi disse: non se ne parla nemmeno. Poi accettò e questo gli ha consentito di veder nascere tutti i suoi nove nipoti, da Giulia a Martina, soprannominata la Nona di Beethoven. Alla presentazione del libro ci saranno tutti quanti... Luigi diceva che bisognava costruire attorno a loro un “muro d’amore” e così abbiamo fatto, sono perfino andati a scuola insieme. Loro che da piccoli volevano sempre sentire le “storie vere” della nonna, mi hanno convinto a scriverle».
Più che un libro sembra una lunga lettera d’amore: perché rendere pubblica una storia privata?
«Racconto i miei sentimenti con la speranza di essere d’esempio. Un amore può durare tutta la vita, e anche oltre».
I figli sono arrivati subito?
«Ne abbiamo avuti quattro, sono stati parti meravigliosi, la levatrice diceva che avrei dovuto farne dodici. Li ho allattati tutti, ma non è stato difficile, il Signore manda il freddo secondo i panni che hai».
Un passo indietro: voi cinque sorelle eravate un bel colpo d’occhio, lei con Paola, Anna, Carla (scomparsa nel 2017) e Alda, gonna blu a pieghe e colletto bianco, «due trecce ciascuna per un totale di dieci», messe in fila da una madre severa. Ha riprodotto quel modello con i suoi figli?
«Veramente Luigi era quello rigido e io la morbida, gli parlavo per cercare di mitigarlo. Quando i maschi sono andati in collegio ho dato loro le lenzuola per farli sentire a casa. Ma tra noi c’era sempre complicità. Mio marito era il capofamiglia, non il padrone di casa».
Com’era la vita domestica?
«Il centro era la tavola. Luigi diceva che quello era il luogo dove tutto può accadere, dove si ride, si piange, si parla. Lì puoi guardare i figli negli occhi e capire cosa sta succedendo. Non abbiamo mai tenuto la tv accesa».
Quando andava a Villa Chigi con Luca nell’inglesina, Andrea sul seggiolino, Federica al fianco e Guido che aiutava a spingere la chiamavano “la signora del tiro a quattro”. Come ha conciliato famiglia e lavoro?
«Ho adottato io l’orario prolungato nei negozi. Prima si chiudeva alle 13 e si riapriva alle 16, ma ho capito che invece in quelle ore si lavorava bene, c’era la fila fuori. A via Borgognona ho inventato lo scivolo per fare arrivare subito le borse dal piano di sopra, bastava suonare il campanello...».
Ma Luigi in casa collaborava?
«Era un cuoco provetto: i carciofi alla romana, la frittata di patate, faceva pure la spesa. Un uomo moderno. Mi aiutava in ogni modo, rinunciava alle ferie perché potessi farle io».
Cosa avevate di diverso?
«Lui aveva il ritmo nel sangue e amava ballare. Io meno».
Sacrifici?
«Tanti. Non andavamo mai al cinema nè a teatro, niente vita mondana. Solo ogni tanto una pausa per un viaggio. Avrei voluto riportarlo alle Maldive, che adorava».
Come sono stati i vostri ultimi momenti insieme?
«Io sono una donna di fede, non di quelle che si battono il petto, ma tra i due la più cristiana ero io. Quella sera mi ha detto: oggi non ho mangiato nulla, portami una mollichella di pane e un dito di vino. Ho capito che aveva bisogno di quel gesto per congedarsi».
Ancora oggi lei chiede consiglio a quel marito «che bastava guardare negli occhi per avere l’impressione che fosse impossibile cadere».
Gli racconta quello che succede, festeggia il suo compleanno e gli anniversari perché «non lo ho mai trattato da morto». Franca mette Luigi ovunque come il rosmarino che usa nella pasta, nella carne e perfino nelle torte perchè «fa bene a tutto».



 
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