Il ministro Trenta: «Su Davide Cervia lo Stato ha sbagliato, ora la famiglia merita la verità»

Giallo di Davide Cervia, il ministro della Difesa ammette «errori da parte dello Stato»
di Simone Canettieri
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Martedì 13 Novembre 2018, 19:37 - Ultimo aggiornamento: 14 Novembre, 00:15
Elisabetta Trenta, ministro della Difesa, quale idea si è fatta del caso Cervia? Insomma fu rapito?
«Ma, guardi, non sta a me esprimere giudizi in merito, per quello c’è la magistratura. Io mi sono limitata a dar seguito, sul piano morale, a una sentenza del tribunale civile di Roma che aveva condannato il ministero della Difesa a risarcire i familiari di Davide Cervia per avere violato il loro diritto alla verità. Se lo Stato sbaglia deve riconoscere i propri errori. La difesa dei cittadini al primo posto».

La ricerca della verità è ancora lontana, però.
«La sentenza era stata impugnata dalla precedente amministrazione ed io ho deciso di ritirare l’impugnazione, per esprimere tutta la vicinanza dello Stato a una famiglia che, a mio parere, merita rispetto e, appunto, verità».

Ma invita la procura a riaprire il caso?
«La Procura non ha bisogno di inviti, la magistratura è un potere autonomo e da parte mia c’è la massima fiducia. Mi lasci però rivolgere un ringraziamento anche all’Avvocatura generale dello Stato, che da sempre, con particolare sensibilità e professionalità, assiste l’amministrazione in numerosi e complessi contenziosi».

Darà di persona l’euro che la famiglia chiese allo Stato come risarcimento?
«Assolutamente sì. Lo farò quando verranno al ministero a trovarmi. Li inviterò nei prossimi giorni».

Quanti sono i casi Cervia ancora non risolti? Quanti sono ancora i misteri a cui dare risposte?
«Non dobbiamo generalizzare, non dobbiamo alimentare il caos. Ci sono casi e casi, con le loro specificità e vanno affrontati con raziocinio».
 
D’accordo, ma li renderà pubblici?
«Le ripeto, qui non c’è una corsa a smascherare qualcosa o qualcuno. C’è la giustizia italiana, di cui abbiamo tutti fiducia. Certo, da parte mia, alla Difesa, ogni caso sarà trattato con la massima trasparenza».



Il nuovo Capo di Stato di maggiore Vecciarelli ha detto che difendere i confini non è più necessario. Queste parole hanno scaturito una serie di polemiche: concorda con lui?
«Difendere i confini nazionali non solo è necessario, ma è un dovere della politica e delle nostre Forze Armate e questo è il pensiero che condivide anche il generale Vecciarelli, che è stato strumentalizzato per meri fini politici». 
Si è chiuso il vertice sulla Libia a Palermo. Al di là dei propositi quali saranno le prossime azioni concrete?
«Con la conferenza di pace l’obiettivo del governo era aprire un dialogo costruttivo tra tutti gli attori libici e i Paesi del Mediterraneo, al fine di avviare un processo di pace che deve essere inclusivo e intra-libico».
L’Italia ci sarà e come?
«Il percorso tracciato dall’Onu trova il nostro sostegno e riteniamo che debbano essere i libici, innanzitutto, a decidere il loro futuro».
Da romana, donna e collega di movimento e ministro ha sentito la sindaca Virginia Raggi dopo l’assoluzione? Ha in mente un progetto per Roma, magari dal punto di vista della sicurezza?
«Non l’ho sentita personalmente, ma sono felice per l’esito del processo. Con Roma stiamo collaborando attivamente su diversi progetti. Per quanto riguarda la sicurezza interna la competenza è del Viminale, sebbene la Difesa con Strade Sicure faccia la sua parte offrendo un contributo di grande rilievo. Ne approfitto anzi per ringraziare gli uomini e le donne in uniforme che ogni giorno garantiscono la sicurezza della collettività».


Il sergente scomparso, esperto di cyber-war
Quando scomparve da Velletri, 28 anni fa, Davide Cervia aveva 31 anni e un recente passato da sottufficiale della Marina militare esperto in guerra elettronica. Il caso venne liquidato come «allontanamento volontario», ma a questo la famiglia non ha mai creduto, sostenendo che Davide fu rapito da qualcuno interessato alle sue conoscenze tecniche e militari. Il processo civile si era concluso con la condanna del Ministero della Difesa al pagamento di 1 euro simbolico per «aver violato il diritto alla verità dei congiunti tramite azioni omissive».
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