Oscar Giannino

Le priorità per Roma/ Come garantire i trasporti all’altezza della Capitale

di Oscar Giannino
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Lunedì 12 Novembre 2018, 00:00
Quasi l’85% dei romani ha deciso di non esprimersi nel referendum consultivo sul trasporto pubblico locale tenutosi ieri. Lascia il tempo che trova l’eventuale contesa di fronte al Tar se si debba considerare o meno la soglia minima del 33% dei votanti sul corpo elettorale per validarne la legittimità. Già il referendum è solo consultivo, ma la partecipazione così bassa rende evidente che i romani hanno lasciato al sindaco Raggi e alla sua giunta il compito di valutare il dramma Atac e come ovviarvi. 

Del resto il sindaco lo sa bene e lo ha detto anche ieri nelle interviste a commento della sua assoluzione, che i romani le chiedono di risolvere innanzitutto le due emergenze dei rifiuti e del trasporto pubblico. Dunque alla fine andrà così: i romani sul trasporto locale hanno deciso di lasciare al sindaco tutto il tempo della sua sindacatura, e poi giudicheranno alle urne.

Abbiamo già scritto innumerevoli volte le cifre che rendono Atac la peggior municipalizzata di trasporto europea, e come il Comune, sommando la funzione di regolatore degli standard da offrire ai cittadini e quella di proprietario di un’azienda scassata, abbia finito per anteporre la salvaguardia dell’azienda al servizio che essa offre.

Non ci torniamo sopra oggi: diamo tutte quelle cifre per scontate. Vogliamo invece rivolgere al sindaco e alla giunta alcune considerazioni sul futuro, su ciò che ci si attende da loro nei prossimi 30 mesi. 
Il disservizio nella Capitale è di tali dimensioni, la produttività dell’Atac così bassa, il suo debito e deficit così alti, che in ogni caso la ragionevolezza induce a pensare che segnali energici di discontinuità e di innalzamento dell’offerta di servizio non verranno in due anni e mezzo se chi governa Roma continuerà ad adottare solo la logica di un po’ di vetture nuove in più o di più soldi dal governo centrale.

Proprio perché Roma è la Capitale, proprio perché il suo disservizio è un record continentale, al Campidoglio spetta una riflessione “alta”. La legislazione nazionale non aiuta. Sul trasporto pubblico locale siamo passasti dal Decreto Burlando del 1997, che prevedeva inizialmente il ricorso esclusivo alle gare poi attenuato e continuamente rinviato, alla legge 138/2011 che prevedeva addirittura la concorrenza nel mercato come regola (sul modello del Transport Act britannico del 1985, molto corretto nel 2000 e 2008) ed il sistema delle gare o dell’affidamento in house come eccezioni da giustificare, scelta radicale fatta però cadere dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 199 del 2012, che ha reso di fatto assoluta eccezione in Italia la libera concorrenza nel Tpl, un limite non corretto di fatto dal Decreto Sblocca Italia di Renzi del 2014, e anzi peggiorato dal tentativo di portare Fs a subentrare in molte aziende locali. 

Di fatto, l’Italia resta però un Paese a macchia di leopardo, in cui aziende pubbliche come Atm di Milano sono efficienti e vincono gare all’estero, o come Atac, in agonia da anni e con un servizio sempre più inaccettabile.
La giunta Raggi dovrebbe dunque porsi un problema, guardando con attenzione ai modelli diversi sviluppatisi in Europa negli ultimi quattro decenni. E ragionare almeno su due aspetti fondamentali. 

Protrarre un sistema in cui al monopolista controllato dal Comune servono continui trasferimenti per sostenere il bilancio di parte corrente, invece di quello in conto capitale, significa solo continuare a dare incentivo all’azzardo morale e all’inefficienza. La formula predetta significa in parole concrete mirare a entrate proprie dell’azienda di trasporto tali da sostenerne il bilancio al netto degli investimenti. Atac in quanti anni, secondo la giunta romana, è in condizione di raggiungere tale traguardo?

Secondo, e più importante: il ruolo del Campidoglio come regolatore degli standard di servizio. In nessuna grande città europea ormai da tempo si abdica alla terzietà del ruolo di regolatore in nome del sostegno alle perdite del soggetto che gestisce il servizio. A Londra, a Zurigo, a Monaco si è preferito istituire agenzie di planning con soggetti esperti e competenti diversi dall’amministrazione pubblica, per far crescere il mercato e fare gare anche per singole linee, allo scopo di ottenere l’efficienza. 

Ma anche laddove la pianificazione dei servizi da offrire è rimasta in mano pubblica, la regola è quella di obiettivi crescenti in quantità e qualità in bacini ampi con pesanti poteri di controllo e sanzione sulle aziende, pubbliche e private, che gestiscono per gara o affidamento il trasporto. In molte di queste città infatti è l’agenzia pubblica di coordinamento e sanzione l’interlocutrice diretta dei cittadini, non le aziende che gestiscono il servizio: a Parigi, ad Amburgo, a Monaco o a Londra funziona così.

Non pensiamo di chiedere troppo, auspicando che i prossimi 30 mesi vedano a Roma scelte sul modello di governance responsabile della qualità del servizio, con tappe precise per raggiungerne gli obiettivi. I romani, gli italiani tutti e i milioni di turisti che visitano la Capitale sono tutti stanchi di dover subire la quotidiana lesione dei propri diritti ispirata al mantra: «Non è colpa nostra, abbiamo ereditato il caos dal passato». Per risolvere i disastri servono visioni del futuro ispirate al meglio che l’esperienza ha prodotto altrove nella regolazione, non la gestione inerziale del dissesto. 
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