Oscar Giannino

Il voto e l’emergenza/ Referendum Atac oggi l’altro verdetto sul caso trasporti

Il voto e l’emergenza/ Referendum Atac oggi l’altro verdetto sul caso trasporti
di Oscar Giannino
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Domenica 11 Novembre 2018, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 08:40
Oggi i romani hanno la possibilità di esprimersi direttamente in un referendum sul trasporto pubblico locale. Due sono i quesiti. Votare sì al primo significa pronunciarsi perché il Campidoglio affidi il trasporto pubblico di bus e metro nella Capitale attraverso una gara, anche per diversi lotti, superando la concessione data ad Atac ed anzi protratta per anni dall’attuale giunta. Votare sì al secondo quesito significa invece volere un’ulteriore estensione per servizi di trasporto locale in regime di concorrenza anche al di fuori del perimetro delle linee di bus e metro, come bike sharing e car sharing. 

Il difetto di questo referendum è duplice. È consultivo, quindi la giunta in carica può anche decidere di ignorarne il risultato. Anche se sarebbe difficile, in caso di vittoria del sì. Inoltre, perché il risultato sia valido occorre la partecipazione di almeno un terzo del corpo elettorale, cioè più di 700mila romani. Ma, in ogni caso, è l’unica occasione per i romani di far sentire la propria voce. E sa Dio se non valga la pena di approfittarne, visto il livello inqualificabile cui è giunta per quantità e qualità l’offerta di servizio da parte dell’Atac. Una cosa va chiarita bene ancor prima di riepilogare almeno qualcuno dei più eclatanti dati del disastro Atac. Chi dice che il referendum è per “privatizzare” il servizio, mente. Non è così. Il quesito su Atac mira semplicemente a separare l’assommarsi nel Campidoglio di due diverse nature, che hanno finito negli anni per fare di Atac la più scassata municipalizzata di trasporto locale in tutta Italia: quella di regolatore del trasporto locale, e di gestore diretto del servizio controllando Atac. 

Il progressivo dissesto dell’azienda ha negli anni indotto il Comune a rinunciare sempre più al dovere di far rispettare il contratto di servizio: pur di far restare in piedi l’Atac, il Campidoglio ha chiuso sugli occhi sul fatto che ormai quasi un autobus su cinque previsti salta la corsa, e un convoglio di metro su quattro. Tra penuria di mezzi, assenteismo del personale e costi da contenere, l’unica maniera per spendere meno nel breve è diventata lasciare romani e turisti per strada. La lezione è dunque chiara: solo separando il concedente dal concessionario, il Comune potrà tornare a far rispettare i diritti violati ogni giorno dei romani. E la privatizzazione non c’entra niente: alla gara potrà partecipare qualunque azienda pubblica di trasporto come privata, vincerà non il privato ma solo chi offrirà di adempiere il servizio stabilito dal Comune nella forma più efficiente ed economica.

Un’altra frottola di vasta circolazione è quella che, chiunque vincesse la gara se non fosse Atac, gli oltre 11 mila suoi dipendenti si troverebbero per strada. Al contrario, la legge prevede per il vincitore di gare l’obbligo di salvaguardia del personale. Chi sceglie di votare no non sceglie né pubblico contro il privato né la difesa del lavoro. Sceglie solo che tutto resti com’è. 

Sceglie cioè di difendere un trend che vede nell’ultimo anno la produzione Atac crollata ancora di oltre 5 milioni di veicoli/chilometro, raggiungendo il minimo storico. Per la metro dal 10% percento di corse saltate nel primo semestre 2017 si è saliti al 23,4 % nel secondo. Per gli autobus, il mancato servizio si è accresciuto dal 14% nel primo semestre al 18% nel secondo. E tutto questo per un’azienda che ha bruciato risorse pubbliche per circa 7 miliardi di euro negli ultimi 9 anni, tra sussidi e perdite. La peggiore nel settore non solo in Italia, ma in tutta Europa purtroppo. 

È come se ai romani fosse costata 800 l’euro a famiglia l’anno, come se un biglietto costasse oltre 7 euro. Anche dopo aver separato gli oneri del debito dalla gestione ordinaria grazie al concordato in continuità concesso dal Tribunale, il disastro aziendale è tale che se anche si recuperasse tutta l’elevata evasione, gli incassi aggiuntivi stimati sarebbero solo tali da coprire poco più di un mese di perdite. E, a proposito di responsabilità della giunta attuale dal 2016, quando si è insediata il sindaco Raggi, il costo vettura/chilometro è aumentato di quasi il 10%, mentre nel triennio 2013–2015 si era registrata una leggera diminuzione. A Milano dove, malgrado la superficie di molto inferiore del capoluogo lombardo rispetto alla Capitale, l’azienda pubblica Atm offre un servizio di dimensioni ormai superiori ad Atac come rapporto di vetture/chilometro, il costo è di circa il 40% inferiore a Roma.
Ci pensino bene, oggi, i romani. Una gara trasparente sarebbe il modo per fare punto e a capo. E per prendere alla lettera i Cinque Stelle, caratterizzatisi per anni dicendo che il proprio modello di partecipazione era quello di consultazioni sia pure online. Quelle espresse alle urne valgono di più.
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