Tor di Valle, le ammissioni di Parnasi: «Tutti i politici mi cercavano e io versavo soldi»

Tor di Valle, le ammissioni di Parnasi: «Tutti i politici mi cercavano e io versavo soldi»
di Michela Allegri e Sara Menafra
8 Minuti di Lettura
Martedì 6 Novembre 2018, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 7 Novembre, 08:18

La politica lo cercava, sempre, in modo maniacale, costringendolo alla fuga se l’interlocutore non gli interessava. Nei quattro verbali consegnati alla procura e costellati di omissis - perché sui finanziamenti ai politici nazionali c’è un altro fascicolo ancora in indagine - l’imprenditore Luca Parnasi è molto esplicito sui suoi rapporti con i partiti: un legame storico con il partito democratico, ma nuovi rapporti, a livello nazionale con la Lega e con GiorgiaMeloni, visto che sia lei sia il candidato a Milano Stefano Parisi erano sostenuti da un’associazione lautamente finanziata. A Roma, soprattutto, l’idea di legarsi anche con il mondo a cinque stelle: «Guardi, quando arrivano le elezioni io ricevo 100 WhatsApp, 100 telefonate, “vediamoci, vediamoci, vediamoci”, a pioggia, ovviamente cerco di filtrare», spiega ai magistrati romani che lo accusano di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.

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I FINANZIAMENTI AL PD
Il rapporto più importante di Parnasi, è lui stesso a dirlo, è quello col Partito democratico: «Nel corso della storia della nostra famiglia, del nostro gruppo imprenditoriale, prima mio padre e poi il mio, noi abbiamo sempre sostenuto in maniera ufficiale il partito democratico per somme anche rilevanti, 50. 000, 30.000». Con l’ultima campagna elettorale, invece, succede «un fatto diametralmente opposto». Si presenta qualcuno dell’associazione Eyu: «Mi fu offerto questo studio, questo rapporto sulla casa, è un volume piuttosto corposo ... ovviamente per onestà intellettuale io non avrei mai comprato questo volumotto sulla casa se non fosse stato legato al rapporto con il partito democratico». Parnasi lo compra, dice, «come fosse un quadro», per assicurare un finanziamento al Pd. Non sa di quante pagine sia composto, «non ho mai visto il volume acquistato da Eyu, non me ne sono interessato e non so se sia stato consegnato o meno. Immagino che si tratti di un volume su supporto cartaceo ma non ho seguito». Era un modo per fare arrivare soldi al Pd, chiedono il procuratore aggiunto Paolo Ielo e la pm Barbara Zuin? «Esattamente». In generale, i pagamenti alla politica sono cambiati nel corso del tempo: «Quando il mercato immobiliare girava ... prima della crisi del 2013, i pagamenti alla politica erano molto più alti, rispetto ad oggi direi in rapporto di 1 a 3.

FRATELLI D’ITALIA
Un finanziamento consistente, Parnasi lo da all’associazione Più voci. Un’organizzazione di area leghista, ammette, ma solo al terzo interrogatorio con i pm: «Ero molto interessato a poter sostenere quest’associazione perché evidentemente mi avrebbe dato accesso a quello che era un po’ il mio proposito imprenditoriale, cioè di muovermi da Roma verso Milano». Un progetto in cantiere già c’era del resto, e non di poco conto: lo stadio del Milan. Parnasi dice di aver partecipato ad entrambe le cene pre-elettorali. Da un lato, a Roma, dove il candidato da sostenere è «la Meloni», dall’altro a Milano, per Parisi. Nei confronti di Fratelli d’Italia ci sono stati anche finanziamenti «in chiaro», non a caso il tesoriere del partito chiede alla Pentapigna, una delle società usate dal gruppo per giustificare i pagamenti, i «giustificativi» per il finanziamento di 50mila euro alle elezioni del marzo scorso. LEGA In totale, l’associazione riceve 250mila euro. Parnasi ammette solo dopo lungo interrogatorio quanto per lui fosse importante sostenere la Lega. Ai primi interrogatori spiega che far arrivare soldi a questa associazione «sostanzialmente, probabilmente, non è diverso da quanto fatto col Pd». Nel verbale del 14 luglio la versione cambia: «Dopo aver sostenuto l’associazione Piu Voci, io avevo concordato con, e Andrea Manzoni ( che incontrai all’Hotel Gallia a Milano) avevo pensato ad un ulteriore finanziamento di 100.000 a Radio Padania ( ed altri 100.000 euro ad altra società) ma questi soldi erano chiaramente destinati alla Lega. Il mio intento era solo quello di sostenere la Lega», oltre alla radio l’idea era di «mi pare un’altra società che faceva cose similari, per altri 100mila». La dichiarazione è attorniata da omissis, anche ampi, si dice solo che ci sono anche acconti dati da società non direttamente riconducibili al gruppo Parnasi, come la Capital holding.

I CINQUE STELLE
Il rapporto più complicato, per il costruttore romano, è quello con i Cinque stelle che riesce ad annodare soprattutto grazie all’avvocato Luca Lanzalone, consulente informale eppure potentissimo del comune di Roma nel caso stadio. Lui e il suo studio «per me erano dei tramiti per poter, come dire, avere un accesso al Movimento Cinque Stelle, che non avrei avuto in alcun modo, per essere proprio precisi». Un nuovo rapporto di amicizia è con l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, che avrebbe anche segnalato una ragazza, dipendente del Comune, come possibile assunzione per le società del gruppo Parnasi. Con Daniele Frongia «andai a parlare, anche una settimana prima del mio arresto», per spiegargli dell’«idea che avevo avuto di realizzare un potenziale impianto per il basket, presso la sede della ex Fiera di Roma». Prima, Frongia era stato invitato nella sede della nuova società di Parnasi, la Ampersad, «mi parlò di questo progetto che stava facendo di Campo Testaccio e di un’idea Labaro», poi «mi diede un curriculum»: «Ricordo che successe presso l’ufficio del Campidoglio quando lo andai a trovare, mi parlò di questa ragazza, di cui non ricordo il nome, che però ho incontrato nel mio ufficio, gli ho fatto fare un colloquio anche con l’ingegnere che si occupa del personale... poi però non c’è stato nessun seguito».

LE NOMINE DI GOVERNO Nel rapporto privilegiato tra Parnasi e l’avvocato Luca Lanzalone, pesa anche l’idea che il secondo possa diventare un esponente in una delle società partecipate del governo. Parnasi si offre di presentargli Giancarlo Giorgetti e Lanzalone, che sarebbe stato comunque contattato dalla parte pentastellata della nuova compagine governativa, gli confessa le sue difficoltà: «L’unica cosa - dice il 7 giugno, quando il governo è appena nato - è che Siri si sta allargando. Non è che posso chiudergli la porta in faccia, tutti vogliono gestire la partita». Parnasi chiede: «Senti sui ministri della giustizia, come state?» e Lanzalone risponde: «Quella partita lì non so veramente che fare...». Anche nei giorni successivi, Parnasi è ottimista: «Io parlo con Giancarlo e lo esorto a parlargli», Lanzalone tende ad eseere prudenti: «Ci parlo più che altro per dirgli “guarda che io... se ritieni coordiniamoci”, c’è chi spende parole diverse, sbaglia. Quello è tutto possibile, resta il fatto che è proprio una garanzia Luigi direttamente»

DE VITO E RAGGI
Parnasi chiede anche indicazioni su come muoversi nella galassia pentastellata. La conversazione tra i due, sempre ai primi di giugno, è particolarmente significativa: «Senti, io ho un un rapporto che mi ha presentato ... questi ( me li ha presentati, come si chiama? Marcello De Vito, questo Daniele Piva (che poi riceverà un finanziamento per la campagna elettorale ndr)». Lanzalone commenta sarcastico «grande potenza ... » Parnasi dice: «Chiacchiera tanto lo sai?»; Lanzalone: «Chiacchiera tanto e uno poi che ti prende in giro ... inizia a dire “ah io sai che faccio questo per quello per quell’altro”»; Parnasi: «È uno che fa affermazioni a gogò, lui vende Luigi come e fosse suo migliore amico, ma è così?»; Lanzalone smentisce: «No ma lui fa con tutti così per cercare di accreditarsi... e di ottenere cosa? Secondo me, io gli ho etto più volte “occhio create un casino”»; Parnasi: «Vabbè ... no, per fare quello che fai tu ... ci vuole il manico»; Lanzalone: «Più che altro quello lì ci vuole riservatezza, la Raggi se l’è portata, questa è brava, poi il giorno dopo andava fuori...».

LE NOMINE AL MEF
Gli interessi dal punto di vista di Parnasi sono molti. L’imprenditore chiede da chi dipende la nomina di Ferrovie, Lanzalone dice dal Mef e quindi da Tria e Parnasi, particolarmente interessato al settore delle comunicazioni e a Telecom vuole una dritta. Lanzalone si sente sicuro anche di questo settore: «Se tutto va bene, il viceministro lo farà la Castelli, Laura Castelli che è personale amicamia e quindi dobbiamo fare questo lavoro fatto bene, senno non ti conviene dare, devi alleggerire». I FINANZIAMENTI IN CHIARO Parnasi, nel corso degli interrogatori consegna ai magistrati anche due elenchi di pagamenti alla politica, passati attraverso due società della sua galassia: «Candidati Minucci, Agostini, Polverini, Buonasorte, Francesco Maria Giro, Ciocchetti, Simone Augello... e le erogazioni da Figepa: Polverini, Ciocchetti, Piva, Vaglio, Ferro, Mancini, Agostini».

IL PONTE DI TRAIANO
I rapporti con la politica di Parnasi oscillano costantemente tra interessi nazionali e locali.

Il dg della Roma, Baldissoni, ad esempio, lo contatta a luglio del 2017 assicurandogli che l’allora ministro allo Sport, Luca Lotti, può dare una mano a concludere l’affare: «Baldissoni - si legge nel brogliaccio riassunto dai Carabinieri del nucleo investigativo - segnala che Lotti gli ha detto che puo spostare i soldi del Cipe dal ponte dei Congressi al ponte di Traiano, e ci mette un minuto ma glielo devono chiedere. Baldissoni aggiunge che oggi Michele Civita gli ha detto che sono concordi anche Lotti e Zingaretti e che vogliono un tavolo poltico serio».

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