Riccardo De Palo
Lampi
di Riccardo De Palo

"Fate il vostro gioco": fenomenologia di Rocco Schiavone, il detective che unisce l'Italia

Marco Giallini nel ruolo di Rocco Schiavone
di Riccardo De Palo
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Martedì 6 Novembre 2018, 12:54 - Ultimo aggiornamento: 21:35
Rocco Schiavone è un vicequestore rude e sboccato, perennemente accigliato, che tende a fidarsi poco dei propri simili e che deve dimenticare (se mai possibile) un passato difficile quanto straordinario. Nell'ultimo romanzo di Antonio Manzini che lo vede come protagonista, "Fate il vostro gioco", il poliziotto che si concede qualche tiro di marijuana come unica possibile preghiera del mattino, indaga su un nuovo caso, che piomba sul suo tavolo inopinatamente, come una rottura di ottavo grado, nella sua personalissima scala delle scocciature. Un ex ispettore del casinò di Saint Vincent viene trovato in un lago di sangue, accoltellato nel cuore della notte: l'assassino non è un ladruncolo in cerca di soldi, poiché manca all'appello soltanto un cellulare. Inizia così il nuovo giallo diventato rapidamente un fenomeno editoriale (è primo in classifica da settimane), che si sviluppa rapidamente, tra ludopatici strozzati dai debiti, esperti di lavaggio rapido del denaro sporco e (come in ogni tavolo da gioco che si rispetti), maestri nell'arte di barare con le carte.

Se Schiavone piace poco alla Polizia di Stato (quella vera) proprio per le sue qualità narrative - vale a dire l'estrema ruvidezza d'animo, il cinismo da detective navigato, e soprattutto la propensione per una particolarissima forma di etica, affatto immune all'illecito - la sua fortuna presso il grande pubblico non si può spiegare soltanto con la fortuna della serie tv che lo vede come protagonista in queste settimane, con uno straordinario Marco Giallini nel ruolo principale.

I trascorsi trasteverini, che continuano ancora a tormentarlo, l'adorata moglie uccisa durante un agguato, il trasferimento all'altro capo dello Stivale (Aosta) vissuto come un interminabile Purgatorio, rendono Schiavone una figura tragica che non sfigurerebbe in un canto dantesco; ma non è neppure soltanto questa, la ragione del suo successo. Che va cercata, invece, nella capacità di questo personaggio (tenuto volutamente "basso", anche se poi spunta Ungaretti), di far scattare l'identificazione nell'italiano medio, che si sente come lui depositario di verità popolari, e allo stesso modo incline a scatti improvvisi di generosità; o ad avvedute, disperate, considerazioni esistenziali. L'accessibilità del personaggio è assoluta, come le sue battute fulminanti: «Se il tempo cura le ferite, è anche vero che alla fine tende ad ammazzarti».

Schiavone, che continua a parlare con l'amata Marina, defunta da anni, si lascia dire da lei chi è veramente: un serpente che si lascia dietro la propria pelle, perché ha bisogno di quella nuova; senza mai dimenticare, però, che «quella pelle c'è stata». Un eroe pieno di contraddizioni, che in questa nuova avventura affronta anche un tema molto attuale, quello del gioco d'azzardo, della ludopatia. In un passo del romanzo, Schiavone spiega il problema al piccolo Gabriele, che ha una madre rovinata dai debiti, ed è come se lo spiegasse a tutti quegli italiani (bambini anch'essi), che al tavolo da gioco hanno investito finanze, passioni, ricevendone in cambio solo disastri.

Il romanzo conferma la struttura narrativa di giallo classico all'italiana, con i suoi personaggi da commedia (tutti i colleghi della questura) che fanno da contrappunto alla serietà (e truculenza) delle azioni sul campo. Alla fine, ciò che più conta (per Rocco e per tutti noi) è sempre riuscire a tornare sui propri passi, e rimettersi in discussione; ma senza cambiare mai.
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