Disparità di genere al Sinodo, solo 7 suore rispetto a 267 maschi: spuntano discriminazioni e violenze

Disparità di genere al Sinodo, solo 7 suore rispetto a 267 maschi: spuntano discriminazioni e violenze
di Franca Giansoldati
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Martedì 16 Ottobre 2018, 19:01
Città del Vaticano – Il rapporto numerico fa una certa impressione e, di per sé, segnala l'evidente squilibrio: a fronte di 267 padri sinodali ci sono solo 7 le donne ammesse a partecipare al sinodo. Ma a nessuna di loro è stata data la facoltà di votare. Possono intervenire nel dibattito in aula, proporre idee e manifestare la propria volontà, ma al momento di votare il documento conclusivo resteranno in un angolo, in silenzio. Membri sinodali di serie B. Le sette suore che sono state chiamate dal Papa non vogliono però passare per suffragette e minimizzano la disparità di genere, cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno. «La cosa importante (e simbolica) è la nostra presenza qui, tra vescovi e cardinali. In passato la nostra partecipazione sarebbe stata impensabile. Segno che qualcosa si sta muovendo ma bisogna avere pazienza» dice l'italiana suor Alessandra Smerilli, una economista che insegna all'università, con un curriculum lungo così e sicuramente più titolata di tanti vescovi presenti ad elaborare documenti. Un'altra, la spagnola suor Maria Luisa Berzosa riesce persino a cogliere il lato comico della faccenda: «Qualcuno ci ha chiamate 'padri sinodali', ma io non sono un padre».

Il sogno di queste sette suore che arrivano da Cina, Francia, Corea, Usa, Spagna, Kenya e Italia è una Chiesa più inclusiva anche se di questo passo, con questa lentezza («A Roma tutto si muove lentamente») ci vorranno secoli. «Noi chiediamo di partecipare al processo decisionale della Chiesa, sederci al tavolo delle decisioni» mette in chiaro l'americana suor Sally Hodgdon. «Bisogna uscire dalla cappa del clericalismo». Già il clericalismo tanto denunciato dal Papa che fa da tappo a tante situazioni. C'è stato un cardinale, il tedesco Reinhard Marx che – voce isolata tra tutti – ha fatto presente che se vi fossero più donne ai posti di comando, nelle diocesi ma anche in curia o solo nei seminari, ci sarebbero meno casi di abusi. Come dire che il tema della pedofilia sarebbe meno diffuso e sicuramente affrontato con maggiore trasparenza e coraggio. Già le donne. Papa Francesco ascolta ma non sembra tanto propenso a fare strappi in avanti, procede con cautela, sa che la materia è incandescente. Le suore però ammettono abusi di potere da parte del clero nei loro confronti sebbene vogliono inquadrare il problema in una ottica più ampia, collocandolo dentro la società, dunque parte di una cultura poco inclusiva verso il genere femminile. «Dobbiamo collaborare tutti per un mondo migliore».

Suor Smerilli racconta che a volte la colpa (se di colpa si può parlare) è «anche delle donne che dovrebbero essere meno timide e uscire allo scoperto. Perchè non basta mettere una donna al posto di vertice; è la cultura che deve cambiare. Sia chiaro: la nostra battaglia non è per avere una poltrona. Nella Chiesa il male è il clericalismo». Da qualche anno – dopo la denuncia di Lucetta Scaraffia direttore del mensile Donne Chiesa Mondo, dell'Osservatore Romano – il muro di silenzio si è indebolito. La segnalazione che le suore che sono praticamente delle colf a servizion a casa di vescovi e cardinali hanno fatto riflettere sulla parità di genere. C'è vera parità di genere nella Chiesa? Le sette suore che due sere fa hanno fatto una conferenza a Radio Vaticana – chissà se per paura – hanno preferito non dare dettagli su una altra piaga silenziosa. Quella delle violenze sessuali. L'ultima notizia di cronaca riguarda un vescovo indiano finito in carcere senza che il Vaticano abbia ancora annunciato sanzioni e pene nei suoi confronti. «Posso confermare che quando avvengono le violenze, i report vengono immediatamente trasmessi in Vaticano e alla Congregazione dei Religiosi» ammette suor Sally che è uno dei membri dell'Uisg, l'unione internazionale delle superiore generali. Ma di più non aggiunge. Non vuole aggiungere. Forse anche il suo silenzio è una spia sulla quale la Chiesa prima o poi dovrà riflettere.
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