Test per la Merkel/Il voto bavarese può cambiare i pesi nella Ue

di Giulio Sapelli
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Domenica 14 Ottobre 2018, 00:05
Il Centro cristiano tedesco è sempre stato il cuore pulsante della politica europea. La ragione di ciò risiede nella lunga, complessa e infine violenta unificazione sotto la spada degli junker prussiani dopo la vittoria sulla Francia con l’incoronazione a Versailles (non in terra tedesca!) del primo Kaiser.

La Baviera era là dove l’arco d’acciaio prussiano forgiato tra i boschi di Wagner e le spiagge anseatiche incontrava le Alpi e le foreste romantiche della Carinzia, e i venti del barocco cattolico austriaco litigavano con gli uragani dei riformatori luterani di Amburgo. La Baviera è quindi il punto archetipale in cui si scaricano i fulmini dei temporali franco-tedeschi e tedesco-britannici, se è vero come è vero che le città anseatiche, per esempio l’Olanda, guarda al Regno Unito come a una unità più che commerciale: un’unità di destino, un destino però che potrebbe essere lacerante e rimettere in discussione la stessa egemonia degli junker. 

Non a caso oggi la crescita economica tedesca manifatturiera è più bavarese-automotive che amburghese-commerciale siderurgica. Solo il carbone alsaziano lorenese si staglia come una continuità imprescindibile. Per questo chi brandisce lo scettro della politica in Baviera fa rimbombare il suono dei colpi della sua marcia non solo in tutti gli antichi staterelli tedeschi, ma altresì in Francia e in Austria e sin oltre le Alpi, nella «dolce Italia così come nelle infelici nazioni» (come le definiva Istvàn Bibò, il grande storico ungherese) della Mitteleuropa. 
Oggi si vota in Baviera ed è questo ruolo e destino storico a essere scosso. Il cuore del Centro cattolico tedesco bavarese, la Csu che ha avuto in Strauss il suo maestro politico, è da tempo in sofferenza per le posizioni di Angela Merkel. Le differenze sono quelle di sempre: la protestante Merkel guarda al liberismo dei diritti e della retorica della sostenibilità anti-diesel, mentre fa andare in silenzio le centrali a carbone di lignite unitamente alle pale dell’eolico offshore.

Inoltre la Cancelliera Merkel è consapevole che la sfasatura del ciclo economico, affamato di manodopera, è a questo punto diventato dissonante con quello economico. Il vuoto demografico deve essere colmato quindi con l’immigrazione, anche se si deve concedere con spettacolari rimpatri qualche comune chance ai tradizionalisti delle ottobrate bavaresi innaffiate dal buon luppolo. Ma il popolo degli elettori è nel pieno di una crisi da anomia per insicurezza persino nella soffice Baviera cattolico-barocca, e non vuol più ascoltare I canti della mediazione conciliatrice; sicché si appresta a votare riscoprendo quelle identità tipiche dei cicli politici dominati dal rapporto tra angoscia e politica.
Oggi non esiste più nessuna cultura politica che unisca anziché dividere: di qui la frantumazione delle tradizionali macchine di partito con il crollo di socialdemocratici e democratici cristiani e l’emersione di destre neonazionaliste e di pulsioni liberiste di genere ambiental-fondamentalista. Sortirà una politica in frantumi con il Centro cattolico bavarese che centro non sarà più. Risuonerà allora la tromba di Sigfrido di una Germania avviata verso la lacerazione. Con le conseguenze continentali - pardon - europee, del caso.
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