Omicidio di Serena Mollicone, la svolta: il legno trovato sulla salma è lo stesso della porta della caserma

Guglielmo Mollicone
di Vincenzo Caramadre
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Sabato 13 Ottobre 2018, 17:23 - Ultimo aggiornamento: 20:12

Giallo di Arce: depositata l’ultima consulenza. Il legno della porta è lo stesso trovato sotto il nastro adesivo utilizzato per bloccare il sacchetto di plastica attorno al collo di Serena Mollicone. Questa la conclusione a cui è giunto la perizia botanica che ieri è stata depositata in Procura. 

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Una relazione che si incastra con la prima consulenza della professoressa Cristina Catteneo e alla seconda dei Ris: la prima ha accertato la compatibilità della frattura cranica riscontrata su Serena e il segno di rottura trovata sulla porta sequestrata all’interno dell’alloggio della caserma di Arce, mentre la consulenza dei Ris, arrivata la settimana scorsa, ha riscontrato la presenza dei materiali della porta e della vernice della caldaia sotto lo scotch e tra i cappelli di Serena. Ora c’è anche la compatibilità tre materiali, delle micro tracce di legno e la porta.
 

 


Le indagini sono concluse. Il Gip la scorsa estate aveva concesso, proprio in virtù degli accertamenti scientifici in corso, un ulteriore periodo d’indagine che scade oggi 13 ottobre. Gli ultimi atti d’indagine oltre gli aspetti scientifici hanno riguardato anche alcuni escussioni testimoniali di persone informate sui fatti.

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Tutti i tasselli, per Procura e carabinieri, per arrivare a dare un nome e un volto al presunto assassino di Serena sono stati messi al proprio posto. Quasi due anni d’indagini, dal 15 gennaio 2016 al 13 ottobre 2018, in cui il pm Siravo, il tenente colonnello Fabio Imbratta (già al comando della compagnia di Pontecorvo) e il pool investigativo del comando provinciale diretto dal colonnello Fabio Cagnazzo, hanno speso tutte le forze per arrivare alla ricostruzione logica e cronologica di quanto avvenuto il primo giugno del 2001 ad Arce, ma anche quanto avvenuto nell’aprile 2008 con la morte, per suicidio, del brigadiere Santino Tuzi. I casi fino ad oggi, mai formalmente unificati, ora con la chiusura delle indagini potrebbero trovare un file conduttore. Fu Santino Tuzi, infatti, nel 2008, poche ore prima di morire a dire agli inquirenti di aver visto Serena entrare in caserma. Perché poi si è suicidato? C’è stata istigazione?
 


La tenacia di Guglielmo Mollicone che tramite il suo avvocato Dario De Santis, ha ottenuto la riapertura delle indagini nel 2016, fa il paio con la tenacia di Maria Tuzi, la figlia del brigadiere che, dopo una prima richiesta di archiviazione, si è opposta ed ha ottenuto nuove indagini, affidate dal procuratore Luciano D’Emmanuele al Pm Alfredo Mattei.

Ora si dovranno capire, come accennato, i punti di contatto tra le due storie, ciò potrebbe avvenire nelle prossime settimane con un eventuale atto formale di avviso di conclusione delle indagini preliminari agli indagati.
Gli indagati sono cinque: l’ex maresciallo comandante della stazione dei carabinieri di Arce Franco Mottola, sua moglie e suo figlio Marco (assistiti dall’avvocato Francesco Germani), per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Per concorso morale il luogotenente Vincenzo Quatrale (assistito dagli avvocati Francesco Candido e Paolo D’Arpino), per favoreggiamento il carabiniere Francesco Suprano (assistito dagli avvocati Eduardo Rotondi ed Emiliano Germani).

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