Le chances dell’Italia/Come darsi un nuovo ruolo riscoprendo Eritrea-Etiopia

di Alessandro Orsini
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Venerdì 12 Ottobre 2018, 07:00
La visita del premier Giuseppe Conte in Etiopia è importante per tre ragioni. La prima ha a che vedere con la sicurezza. L’Etiopia è il partner più importante degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo nel Corno d’Africa. È saggio che l’Italia abbia buoni rapporti con tutti i Paesi in buoni rapporti con gli Stati Uniti, se tali Paesi sono nella zona d’influenza dell’Italia o nella zona in cui ambisce a essere influente. La ragione è semplice: gli Stati Uniti sono la più grande potenza del mondo e, al momento, non sono sfidabili da nessuna forza o coalizione di forze. 
Giusto che l’Italia abbia una politica estera autonoma.

Ma è importante che abbia una politica estera vincente, che le consenta di recuperare le posizioni perdute nel Mediterraneo. Come abbiamo spiegato più volte su queste pagine, l’Italia non può fare a meno degli Stati Uniti per bilanciare la situazione sfavorevole che si è creata in Libia. E siccome gli Stati Uniti sono in ottimi rapporti con l’Etiopia, anche l’Italia deve esserlo. Non a caso, la visita di Conte è stata preceduta da quella in Libia di Emanuela Del Re, vice ministro agli Affari Esteri, la quale ha avuto ieri incontri diplomatici della massima importanza, a Gubba, con il presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, e con il generale Haftar, in vista della conferenza per la Libia che si terrà a Palermo, il 12 e 13 novembre. 


La seconda ragione che rende importante la visita di Conte è politica. L’Etiopia, colonia italiana dal 1936 al 1941, è investita da un cambiamento che molti annunciano profondo, al punto che i più autorevoli osservatori ritengono che l’Etiopia sia già entrata in un processo di democratizzazione. Il suo nuovo premier, Abiy Ahmed, che ha preso il posto di Hailemariam Desalegn, sta aprendo una nuova fase politica. 

Nei momenti in cui i Paesi avviano una fase nuova, caratterizzata dalla democratizzazione, spalancano le porte. Ne consegue che i Paesi stranieri devono passare per le porte dell’Etiopia prima che si chiudano. Al cambiamento segue sempre il consolidamento e chi si è attardato a entrare è fuori che dovrà rimanere. Desalegn, premier dell’Etiopia dal 2012 al 2018, è stato protagonista di un gesto straordinario. Nonostante fosse saldamente al comando, ha deciso di dimettersi dopo gravi proteste di massa contro il suo governo, represse con violenza. È la prima volta che un leader in Etiopia esce di scena per una libera scelta. Tutti gli altri erano stati rovesciati oppure erano deceduti mentre erano in carica. Rimarranno storiche le parole pronunciate da Desalegn nel discorso del 16 febbraio 2018: «Reputo vitali le mie dimissioni nel tentativo di realizzare riforme che porterebbero a una pace sostenibile e alla democrazia».

Se sono questi gli scenari che si dischiudono per l’Etiopia, è di corsa che l’Italia deve infilare la sua porta e portare in dono l’amicizia. Il nuovo corso etiope appare confermato anche dall’annuncio della fine delle ostilità con l’Eritrea - altro Paese strategico per l’Italia a cui Conte farà visita - che duravano dalla guerra di confine del 1998-2000 per il controllo di Badme. Di più: Etiopia e Eritrea hanno immediatamente stretto accordi per favorire la crescita del commercio.
La terza ragione che rende importante il viaggio di Conte è commerciale. L’Etiopia è il Paese più popoloso dell’Africa dopo la Nigeria e, quindi, dispone di una domanda aggregata potenziale enorme. Si aggiunga che l’Etiopia è già la più grande economia dell’Africa orientale, avendo scalzato il Kenya nel 2017. Ma i record positivi non finiscono qui perché nel 2018, l’anno in corso, il Fondo Monetario Internazionale prevede che l’Etiopia sarà il Paese africano con il tasso di crescita più rapido, togliendo il primato al Ghana. Sia chiaro che stiamo parlando di velocità del tasso di crescita giacché il Pil dell’Etiopia è quasi il doppio di quello del Ghana.
Dunque nessuno si stupisca se la Cina ha assunto già una posizione preminente in Etiopia. Ha fornito il finanziamento per la costruzione, ad Addis Abeba, della prima ferrovia leggera (tram) dell’Africa sub-sahariana e ha fornito il finanziamento per la costruzione della linea ferroviaria Addis Abeba-Djibouti, che lega l’Etiopia, senza sbocco al mare, alle rotte marittime del Golfo di Aden e del Mar Rosso.
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