Proposta della Lega: «No alle mamme con il niqab fuori dalla scuola»

Proposta della Lega: «No alle mamme con il niqab fuori dalla scuola»
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Martedì 2 Ottobre 2018, 19:12 - Ultimo aggiornamento: 19:20
Maestre e personale scolastico devono sapere a chi affidano i bambini alla fine delle lezioni. E quindi chi li va a prendere deve essere riconoscibile: con questa motivazione i parlamentari leghisti Simona Pergreffi e Daniele Belotti chiedono di vietare il niqab alle mamme che si presentano all’uscita di scuola. Gli esponenti del Carroccio, citando una sentenza della Cassazione, hanno scritto al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, al dirigente scolastico provinciale di Bergamo Patrizia Graziani e al prefetto Elisabetta Margiacchi sollecitando «una circolare» rivolta «a tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado della provincia comunicando che, per motivi di sicurezza e tutela degli alunni, nonché per autotutela del personale scolastico, è obbligatorio rendersi identificabili non coprendosi il viso al momento del ritiro del minore al termine delle lezioni scolastiche».
IDENTITA’ SCONUSCIUTA
Sottolinea la senatrice Pergreffi: «Ci risulta che in alcune scuole della bergamasca sono presenti all’esterno degli edifici scolastici donne islamiche con il viso integralmente coperto dal niqab. Questo si scontra con la sentenza della Cassazione che stabilisce l’obbligo di vigilanza della scuola sui minori anche durante l’uscita». Infatti «se il viso è coperto - aggiunge Belotti - è impossibile capire l’identità della persona e quindi se la donna in questione è la mamma, la nonna o comunque persona legittimata al ritiro del bambino o bambina». La proposta dei due parlamentari va di pari passo con il disegno di legge appena depositato che prevede multe per le donne con il niqab in luoghi pubblici e carcere per chi le costringe a indossare il velo. Il deputato leghista Nicola Molteni, sottosegretario agli Interni, ha presentato in Parlamento una proposta di legge con tre articoli che si rifà all’attuale modello francese.
AMMENDA
Nella relazione allegata, Molteni spiega che «il divieto esplicito a indossare in luogo pubblico indumenti atti a celare il volto» non è solo una questione di sicurezza, ma «come nel caso del burqa e del niqab» si oppone ad «atteggiamenti considerati inconciliabili con i principi fondamentali della Costituzione, primo fra tutti il rispetto della dignità della donna».
Perciò, recita l’articolo 1, «se il fatto è di lieve entità e non risulta commesso in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la pena dell’ammenda da mille a 2.000 euro». Chi invece costringe una donna a portare il velo «è punito con la reclusione da uno a due anni e con la multa da euro 10.000 a euro 30.000», pena «aumentata della metà» se l’obbligo riguarda un minore.
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