Strage di Bologna, la "pista dei soldi" in Svizzera per dare un nome a chi finanziò la strage

La strage alla stazione di Bologna
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Venerdì 14 Settembre 2018, 20:11
Il lato più oscuro della Strage di Bologna, quello dei mandanti, che a 38 anni dall'attentato che fece 85 morti e 200 feriti è ancora avvolto nel mistero, potrebbe cominciare ad assumere contorni più chiari. La speranza è affidata ai magistrati della Procura generale di Bologna, che questa mattina hanno organizzato un vertice nel capoluogo emiliano con tutti gli investigatori che si occupano della vicenda: ufficiali di Digos, Ros, Guardia di Finanza, nonché i colleghi svizzeri.

Proprio dai magistrati elvetici, infatti, potrebbe arrivare la tanto attesa svolta per dare un nome a chi finanziò la strage. L'importanza dell'incontro di oggi emerge anche dalla partecipazione del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho che, al termine della riunione durata oltre tre ore, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. È passato quasi un anno da quando la Procura generale di Bologna, nell'ottobre del 2017, ha avocato a sé l'inchiesta sui mandanti, proprio mentre si discuteva della richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura ordinaria del fascicolo rimasto contro ignoti.

Delle nuove indagini se ne occupano il procuratore generale Ignazio De Francisci, l'avvocato generale Alberto Candi e i sostituti Nicola Proto e Umberto Palma. Da quel momento bocche cucite da parte dei magistrati, un lavoro silenzioso e lontano dai riflettori per 'batterè la pista 'follow the money'. Nei mesi scorsi gli inquirenti hanno sentito diversi testimoni, fra cui persone all'epoca vicine a Licio Gelli, e hanno inoltrato rogatorie in Svizzera per approfondire indagini sui conti correnti riconducibili al maestro venerabile della Loggia P2, condannato per i depistaggi sulla strage.

L'ipotesi che i magistrati stanno cercando di verificare (già esclusa dalla Procura ordinaria), è che quei soldi siano serviti a finanziare gli attentatori del 2 agosto 1980. Dalle rogatorie per ricostruire i movimenti di denaro di Gelli sono attese risposte importanti per l'indagine, sembra scontato quindi che l'incontro con i magistrati elvetici abbia avuto al centro anche questi argomenti. De Francisci, all'uscita dal palazzo di giustizia, si è limitato a dire che la riunione era su «temi molto delicati».

Il filone sui mandanti entra nel vivo mentre davanti alla Corte di assise di Bologna è in corso il processo a Gilberto Cavallini, l'ex Nar accusato di essere il 'quarto uomò: cioè colui che avrebbe dato un supporto logistico agli esecutori materiali, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini.
Una 'partità giocata su due tavoli, che rischia di riscrivere un pezzo di storia d'Italia.
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