Orban sotto accusa, ma per le sanzioni serve l'unanimità: verso la resa dei conti in Europa

Orban sotto accusa, ma per le sanzioni serve l'unanimità: verso la resa dei conti in Europa
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Mercoledì 12 Settembre 2018, 17:45 - Ultimo aggiornamento: 18:06
L'Europarlamento processa l'Ungheria di Viktor Orban approvando a Strasburgo la relazione della eurodeputata dei Verdi Judith Sargentini sullo stato di diritto in pericolo in Ungheria. Un voto che fa scattare l'applicazione dell'articolo 7 dei Trattati, definito anche «l'opzione nucleare», che nella sua fase più avanzata può condurre a sanzioni contro Budapest, cioè in sostanza alla sospensione del diritto di voto in Consiglio europeo, dove si prendono le decisioni che riguardano i paesi dell'Unione. A favore hanno votato 448 eurodeputati, 197 si sono espressi contro, 48 si sono astenuti, per un totale di 693 votanti. Ora la parola passa al Consiglio, ovvero ai capi di Stato e di governo dell'Unione.

 


«L'Ungheria ha imbavagliato i media indipendenti, limitato il settore accademico, ha sostituito i giudici con magistrati più vicini al regime, ha reso la vita difficile alle ong», sono le accuse dell'Europarlamento a Orban. «Noi tutti abbiamo il compito di tutelare i cittadini europei per farli vivere nei valori della solidarietà, della parità tra uomini e donne», ha sottolineato Sargentini.

A favore dell'avvio del processo di accusa hanno votato i due grandi partiti Ppe (anche se non tutti) e Socialisti (fra cui il Pd compatto). Fra i popolari sono stati 59 i contrari, tra cui Forza Italia, e 28 gli astenuti. Il movimento 5 Stelle è stato l'unico all'interno del suo gruppo (Efdd) a votare in favore delle sanzioni all'Ungheria mentre gli europarlamentari della Lega, insieme a tutti gli altri componenti del gruppo Enf, hanno votato contro. Per il processo a Orban si sono poi espressi verdi, liberal-democratici e Gue (sinistra radicale).

«L'articolo 7 va applicato laddove lo stato di diritto è in pericolo», ha detto il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker nel suo discorso sullo stato dell'Unione prima del voto alla plenaria di Strasburgo. Tuttavia per arrivare ad avere delle sanzioni effettive contro l'Ungheria è richiesta l'unanimità degli Stati membri (escluso il paese sotto accusa). Dunque il percorso è ancora lungo e quasi certamente sarà bloccato. ​La Polonia, essa stessa sotto tiro per gli stessi motivi per cui è accusata l'Ungheria, ha già anticipato che metterà il veto. E anche il governo italiano a trazione leghista bisognerà vedere che atteggiamento adotterà verso l'Ungheria di Orban.
 


Il processo a Orban potrebbe poi portare a nuovi schieramenti e alleanze tra i vari gruppi in un momento politico particolarmente delicato e soprattutto fluido in vista delle europee. Le sortite del premier ungherese, in particolare in tema di migranti, hanno trovato terreno fertile tra i sovranisti, anche in Italia con Matteo Salvini, ma hanno ricucito inedite partnership, unioni e coalizioni, come quella fra l'ex premier belga e capo dei liberali europei dell'Alde, Guy Verhofstadt, che formerà un movimento con En Marche di Macron, proprio in vista del cruciale voto a maggio 2019.

È sul Partito popolare europeo e in particolare sulla candidatura a futuro presidente della Commissione del capogruppo Ppe Manfred Weber, designato dalla cancelliera Angela Merkel, che si scaricheranno poi le prime tensioni. Fidesz, il partito di Orban, fa parte del Ppe. Weber ha come missione di fare il pontiere fra la destra classica europea e un variegato estremismo di populisti, euroscettici, eurofobici, euroindifferenti, che ora tenta una più o meno esplicita alleanza elettorale per scardinare il vecchio quadro politico Ue che si fonda su Ppe, Partito socialista, liberali e Verdi, con i primi due che si spartiscono le massime cariche della Ue (Commissione, Consiglio e Parlamento). Un assalto al quale in Italia, Lega e M5S, intendono partecipare attivamente. Se si aggiunge l'indebolimento strutturale della Ue a causa della Brexit (non per colpa dell'Unione), che sarà solo lenito dall'accordo di partenariato che si tenta di raggiungere, il quadro resta molto fragile.



 
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