Italia, i dolori del giovane Mancio e la partita che si gioca in Europa

Mancini
di Ugo Trani
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Mercoledì 12 Settembre 2018, 09:30
A settembre, mese balordo da sempre per il nostro calcio, l’Italia è già in crisi. Eppure l’avventura di Mancini è appena cominciata, dopo le 3 amichevoli di fine maggio e inizio giugno.
 
Deludente l’approccio del nuovo ct, 1 punto in 2 gare di Nations League: in 5 partite solo 5 punti (1 successo con l’Arabia Saudita, 2 pari con l’Olanda e la Polonia e 2 ko contro la Francia e il Portogallo) e 21° posto nel ranking Fifa difficile da confermare. Il fondo non è stato quindi toccato contro la Svezia nel playoff mondiale di novembre. Falsa, dunque, la partenza, addirittura la peggiore da più di 40 anni (metà dei Settanta), quando la Figc incaricò Bernardini di avviare la rifondazione.

DENTRO O FUORI
L’Italia, in campo e in classifica, si ferma. Il rischio è doppio: gli azzurri possono retrocedere in Lega B, arrivando terzi nel gruppo 3 dietro al Portogallo e alla Polonia, e uscire dalle teste di serie nel sorteggio del 2 dicembre a Dublino (qualificazioni Euro 2020). Cruciale la trasferta del 14 ottobre a Chorzow: dopo gli esperimenti di Lisbona, la prova generale nell’amichevole del 10 ottobre contro l’Ucraina a Genova (indispensabile Florenzi) e prima di giocarsi tutto nel 2° match contro la Polonia. «Se in serie A restano fuori, tocca a me farli giocare». Così Mancini motiva la scelta di mettere in campo calciatori che hanno poco spazio in campionato: Caldara, Pellegrini, Cristante e Zaza. L’esagerazione, però, è più nel numero degli interpreti utilizzati: 23 in 2 partite, cambiandone 9 da Bologna a Lisbona. Il turnover esasperato, quindi, non migliora la situazione: la Nazionale, dopo il flop mondiale, è ancora senza identità e senza traccia. Con giocatori sempre diversi, assemblare è impossibile: azzerata la sintonia tra i singoli e tra i reparti, penalizzati il gioco e il comportamento di squadra. Già la qualità è minima e la mediocrità massima, ma la rotazione extralarge nelle gare di Nations League, come si fa nelle amichevoli, frena la ripartenza. Pure il ct se n’è accorto. 

GAFFE IN CAMPO E IN PANCHINA
Gli errori di Jorginho a Bologna e di Caldara a Lisbona hanno inciso sul risultato. Gravi quanto quelli di Mancini. Che ha schierato Balotelli, nemmeno convocabile per la precaria condizione atletica, contro la Polonia; che ha utilizzato giocatori fuori ruolo contro il Portogallo: Lazzari, Cristante e Chiesa. Che non ha scelto mai Belotti, il più in forma degli attaccanti, come titolare e che ha ignorato Benassi, l’unico al top tra i centrocampisti, senza concedergli nemmeno un secondo. Che ha stravolto la difesa, privata dei senatori Bonucci e Chiellini, centrali di riferimento per un reparto che in 5 gare della nuova éra ha già preso 7 reti. Fragile la difesa, impotente l’attacco. In poco più di un anno, e in 13 partite (5 finite senza segnare), la miseria di 9 gol. Con l’attuale ct solo 5: differenza reti con saldo negativo ( -2). 

VIRATA CONTROPRODUCENTE
Fuori la Juve dalla formazione titolare: la mossa fa discutere. C’è chi pensa che Mancini abbia fatto un favore ad Allegri. Il ct, contrario pure agli stage, va incontro ai club. A rimetterci, però, è la Nazionale. Tecnicamente, perché non giocano i migliori. Psicologicamente, perché chi entra in campo si sente coinvolto solo in parte e quindi di passaggio. Azzardata e dannosa anche la modifica del sistema di gioco, passando dal 4-3-3 al 4-4-2, provato solo nella parte finale dell’ultimo allenamento. E cambiato in corsa: prima il 4-3-3 e a seguire il 4-2-4. Ma l’improvvisazione non paga. Come non serve prendersela con i giocatori. È successo a Lisbona.
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