Ruolo italiano debole/ I margini più stretti per contare in Libia

di Alessandro Orsini
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Martedì 11 Settembre 2018, 00:15
La situazione in Libia è precipitata ed è molto difficile immaginare che l’Italia possa recuperare le posizioni perdute. Il governo di Tobruk, che si contrappone a quello di Tripoli, sostenuto dall’Italia, è avanzato troppo e non può essere più risospinto. Enzo Moavero Milanesi si è recato a Bengasi per incontrare l’uomo forte di Tobruk, il generale Haftar, il quale ha scritto che gli italiani sono “nemici”, in un tweet di sabato 9 settembre. 
Queste sono le parole rilasciate da Haftar il giorno prima di ricevere il ministro degli Esteri italiano. Il fatto che in Libia sorga un governo nemico dell’Italia sarebbe talmente grave da poter essere definito la più grande sconfitta dell’Italia nell’arena internazionale dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi. Le ragioni di una simile affermazione sono state sviscerate più volte su queste pagine. Oggi ci sembra urgente comprendere le ragioni per cui l’Italia si trova a dover gestire un arretramento così drastico nel Mediterraneo. Una volta chiarite le cause, sarà più agevole valutare i rimedi. 

Le ragioni per cui il governo di Tripoli, sostenuto dall’Italia, è entrato in uno stato comatoso, sono almeno quattro. Quanto alle prime due, l’Italia è incolpevole.
In primo luogo, il governo di Tobruk, e cioè il governo del generale Haftar, ha avuto l’appoggio di almeno quattro Stati: Francia, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Di contro, il governo di Tripoli ha avuto soltanto il sostegno dell’Italia. Il che ci conduce alla seconda ragione dell’arretramento italiano ovvero il disimpegno degli Stati Uniti, che ha subito un’accelerazione dopo l’elezione di Trump.

Francia, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti non possono essere bilanciati senza un intervento diretto di Trump in favore del governo di Tripoli, che è mancato. Quanto alla terza e alla quarta ragione dell’arretramento, l’Italia è responsabile. La prima ragione è che l’Italia avrebbe dovuto bilanciare il disimpegno americano ricorrendo a un’alleanza strategica con la Turchia. Tanto più che l’ambasciatore turco in Italia, Murat Salim Esenli, in un’intervista al Messaggero del 7 febbraio 2018, aveva dichiarato che il governo turco era pronto a sostenere il governo di Tripoli al fianco dell’Italia. Siccome abbiamo parlato molto, su queste pagine, dell’esigenza di un’alleanza con la Turchia, passiamo alla quarta ragione dell’arretramento, che è il fatto di non avere avuto una visione chiara di quanto fosse importante la Libia nel 2011, quando Francia e Inghilterra decisero di condurre una guerra, a cui l’Italia non si oppose. 

La scelta di non fermare Nicolas Sarkozy e Tony Blair è stata causata da scarsa consapevolezza degli interessi italiani, figlia di un dibattito sulla politica internazionale troppo carente in Italia. Molti italiani non capirono quale fosse la posta in gioco perché non avevano una conoscenza adeguata dei rapporti di forza nel Mediterraneo. Oggi Macron sta completando l’opera iniziata nel 2011. Per l’Italia, l’uccisione di Gheddafi ha rappresentato la fine della guerra. Per la Francia, soltanto l’inizio. 

A questo punto, Giuseppe Conte ed Enzo Moavero Milanesi sono in una condizione di notevole difficoltà. Che cosa possono fare dipende da ciò che vogliono ottenere. Capovolgere i rapporti di forza con le alleanze strategiche non è più possibile, anche perché, adesso, la Turchia ha rapporti tesi con Trump. Abbiamo perso troppo tempo con la Turchia per la nostra cecità strategica e il moralismo politico nostrano a senso unico. Si potrebbe risollevare il governo di Tripoli rifornendolo di armi, ma le potenzialità negative contenute in una simile mossa sono talmente numerose che siamo obbligati a riassumerle in una sola parola: guerra. 

Restano due possibilità. La prima è uno slittamento verso il generale Haftar, che però preferirà sempre la Francia all’Italia, giacché Macron lo ha tenuto letteralmente in vita, salvandolo persino da un infarto, curato in una clinica francese. La seconda è che l’Italia operi per la divisione della Libia in due Stati sovrani e indipendenti, Tripolitania e Cirenaica. Una strada che ci appare luminosa come una notte buia.
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