Pellegrini e Balotelli: un pizzico di arroganza (in più e in meno) aiuterebbe

Pellegrini e Balotelli: un pizzico di arroganza (in più e in meno) aiuterebbe
di Alessandro Angeloni
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Venerdì 7 Settembre 2018, 23:23 - Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 16:45
dal nostro inviato BOLOGNA - Quarantacinque minuti, un gioco del destino. O un incubo che si ripete. Roma-Atalanta, Lorenzo Pellegrini in campo per un solo tempo, poi l’esclusione amara dalla ripresa; Italia-Polonia, sempre tra i titolari e sempre in campo per una frazione, la solita, sempre quella. In comune due elementi: prestazioni non positive entrambe le volte (altrimenti non sarebbe stato sempre sostituito) e la fiducia iniziale sia di Di Francesco, che lo ha apprezzato e svezzato nel Sassuolo, sia di Mancini, che ne apprezza le qualità tecniche e lo ritiene un perno della Nazionale del futuro. Pellegrini, si è capito, ha estimatori nella Roma e in Nazionale, ma lui non riesce ad affermarsi né da una parte né dall’altra. Non deve lottare contro la diffidenza degli allenatori, ma solo contro se stesso. Il futuro non è finito. Almeno per il momento. Ci vuole tempo, è solo un ragazzo, ha bisogno di crescere. È solo un Lorenzo che ancora deve diventare grande. Ma i treni passano, passano e poi non passano più e la fiducia degli allenatori non è a tempo indeterminato. Pellegrini deve lavorare sul carattere, sul fisico. Ha bisogno di tirare fuori un pizzico di arroganza in più. 

L’ARROGANZA E L’UMILTÀ 
Se da una parte c’è il timido ragazzo della Roma che viene subito punito, dall’altra c’è “l’arrogante” Balotelli che gode dell’immunitá da fenomeno. Mancini insiste su di lui anche se non sta bene e tiene fuori Belotti e Immobile, che hanno nelle gambe tre partite di campionato. Mario stecca, non per pressappochismo ma perché non ce la fa proprio. E non fa nulla per nasconderlo. Aspetta il pallone, non fa un passo, ogni tanto sbraita e, quando Mancini lo sostituisce (dopo sessantuno minuti) lui continua a camminare a testa bassa. Mancio lo ha scoperto e ci mette un attimo per riportarlo sulla terra, prima che la “balotellite” diventi un virus dilagante. 
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