I missili di Von Braun e le quattro donne geniali in matematica e con la testa nello spazio

I missili di Von Braun e le quattro donne geniali in matematica e con la testa nello spazio
di Paolo Ricci Bitti
8 Minuti di Lettura
Martedì 7 Marzo 2017, 18:18 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 14:17

Una cifra tonda e una statua per una delle più importanti matematiche nella storia della corsa allo spazio: compie oggi 100 anni Catherine Johnson, una delle tre geniali scienziate statunitensi afroamericane che a metà degli anni Sessanta contribuirono fortemente a risolvere gli inediti e arcicomplessi problemi di calcolo delle traiettorie dei missili e delle navicelle della Nasa della missione Apollo progettata da Werner von Braun. Calcoli su cui si erano arenati i matematici "wasps" della Nasa nonchè i primi mastodontici computer Ibm. Dopo tanti anni di colpevole e imbarazzante silenzio è ora ufficialmente riconosciuto che senza l'intuito di Catherine Johnson e delle scomparse Dorothy Vaughan e Mary Jackson,  la cui epopea è stata di ricente ricordata del libro e nel film Hidden Figures (in Italia, Il diritto di contare), gli Stati Uniti non avrebbero vinto la corsa con l'allora Unione Sovietica per lo sbarco dell'uomo sulla Luna nel 1969. E probabilmente qualche astronauta in più ci avrebbe rimesso la pelle. In occasione del suo centesimo compleanno, l'Università della West Virginia, in cui la ragazza prodigio si laureò a 18 anni, ha scoperto ieri una  statua in bronzo a grandezza naturale. Ecco la storia delle tre scienziate, raccontata l'anno scorso in occasione dell'uscita del film, e intrecciata a quella di un'altra donna geniale in matematica.
 
 
***
Quattro le donne geniali in matematica e con la testa nello spazio: la prima ha salvato migliaia di vite nella Seconda Guerra Mondiale scoprendo l'unico modo di distruggere i micidiali missili V2 tedeschi che devastavano l'Inghilterra, le altre tre hanno dato un contributo determinante al successo delle missioni Apollo con cui gli Stati Uniti hanno portato l'uomo sulla Luna battendo la Russia nella prima fase dell'esplorazione spaziale, un successo dovuto soprattutto allo scienziato tedesco Werner von Braun che riscattò così gli anni al servizio di Hitler trascorsi progettando i terribili V1 e V2. Quattro donne fenomenali che oggi si assegnerebbero alla categoria Stem (competenti in Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) da cui il genere femminile resta ancora poco rappresentato rispetto a quello maschile.

Adesso l’uscita anche nelle sale italiane del film Hidden figures "Il diritto di contare" (dall’8 marzo) e la recente morte di una matematica inglese permettono di svelare un’affascinante pagina femminile di storia della scienza e della conquista dello spazio. Una pagina per troppo tempo restata nascosta, appunto “Hidden”. Ed è veramente un magnifico balzo temporale a legare, insieme ai pregiudizi di genere e di razza non ancora del tutto rimossi, le vicende della britannica Eileen Younghusband e delle americane Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson. La prima salvò migliaia di vite di civili inglesi, bersagli dei razzi di Von Braun. Le altre garantirono la vita ai primi astronauti americani che volavano sui razzi dello scienziato tedesco consentendo loro di raggiungere l’orbita terrestre e quindi la Luna.
 


Negli Usa il film Figure nascoste - Il diritto di contare ha battuto al botteghino persino Rogue One, ultimo capitolo di Star Wars, mentre la morte della Younghusband è stata celebrata in Gran Bretagna come si deve ai Grandi della Storia. Che differenza con gli anni dietro le quinte vissuti da queste donne pur all’apice del successo.

La riuscita del film diretto da Theodore Melfi deve ben poco alla presenza delle star Kevin Kostner e Kirsten Dust: è il romanzo del titolo omonimo di Margot Lee Shetterly a rapirci nelle vite delle afroamericane Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, interpretate da Taraji P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe.

Spetta a queste tre matematiche buona parte del successo delle missioni nello spazio dei primi americani, ma quando si presentarono negli uffici della Nasa in Virginia le signore di colore vennero inizialmente scambiate per le donne delle pulizie.

Agli inizi degli anni 60 gli Usa scoprirono di essere stati drammaticamente sorpassati dall’Unione sovietica nella corsa alle stelle: nonostante investimenti colossali e i proclami del presidente John Kennedy i russi spedirono per primi in orbita il satellite Sputnik e quindi il cosmonauta Jurij Gagarin. Uno smacco terribile che mise sotto pressione la neonata Nasa e la complessa organizzazione che aveva fra i suoi principali protagonisti Von Braun, chiamato a costruire razzi di una potenza mai sperimentata.
 

 


Bisognava bruciare i tempi, ma non si poteva nemmeno mettere a repentaglio la vita dei futuri astronauti, alcuni dei quali già vittime di incidenti: “Uomini infilati sulla punta di razzi alti come grattacieli”, ricorda il direttore del programma spaziale, Al Harrison, interpretato da Kevin Kostner.

I test si susseguivano senza soste, ma presto ci si rese conto che non erano affidabili i risultati dell’enorme mole di calcoli affidati anche ai primi, ingombrantissimi, elaboratori Ibm. Ci voleva qualcuno che accelerasse ulteriormente i tempi usando l’ingegno e non i transistor, qualcuno che tracciasse un più rapido sentiero umano nella giungla inesplorata delle equazioni a millanta variabili relative a orbite terrestri e lunari e a velocità mai affrontate prima da mezzi e uomini.

E le tre matematiche di colore ci riuscirono riempiendo fogli e lavagne di formule innovative e originali e vincendo la freddezza dell’establishment scientifico americano e della stessa società Usa, in quegli anni alle prese con le lotte per i diritti civili dei neri guidate da Martin Luther King.

Il 20 febbraio 1962 ci sono i loro calcoli dietro la riscossa americana: John Glenn compie tre orbite attorno alla Terra come aveva fatto Gagarin e nel settembre dello stesso anno il presidente Kennedy può profetizzare lo sbarco sulla Luna in un memorabile discorso. Di più: l’acume matematico di Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson permise anche mettere a punto il mastodontico razzo Saturn V progettato da Von Braun per lo sbarco sulla Luna nel 1969: un gigante (era alto 110 metri) mai più eguagliato e sovradimensionato perché in realtà lo scienziato tedesco puntava già a Marte.

Eppure, nonostante il loro ruolo determinante in questa epopea spaziale, le tre matematiche di colore vennero tenute a margine per molti anni: a ringraziarle ufficialmente appena tornati a Terra furono soprattutto gli astronauti, a cominciare proprio da Gleen e da Armstrong, riconoscenti di avere raggiunto la gloria salvando la pelle grazie alle loro elaborazioni.

Le tre studiose americane non erano però le prime donne ad avere attraversato la vita di Von Braun. Prima di loro, una ventina di anni prima dell’epopea spaziale Usa, l’inglese Eileen Muriel Le Croisette in Younghusband fu capace di annientare con la matita e un regolo di cartone la più avanzata e micidiale e segreta arma di distruzione messa a punto per Hitler dallo scienziato pioniere della missilistica spaziale.

Nel 1944 le sorti della guerra volgevano al peggio per la Germania, ma il Fuhrer contava ancora di rovesciare il destino con le prodigiose e terribili V2 di Von Braun. Erano inarrestabili gli affusolati e devastanti missili, i primi a superare quota 100 chilometri che segna il confine con lo spazio, che cominciarono a cadere su Londra e sul resto dell’Inghilterra: a differenza delle V1, piccoli razzi con alette che potevano essere distrutti a colpi di mitraglia dai caccia Typhoon o mandate fuori bersaglio da eleganti colpi d’ala degli Spitfire, le V2 non si potevano fermare. Pesantissimo anche il loro deterrente psicologico, con le vittime fra i civili che aumentavano giorno dopo giorno. E nemmeno si potevano distruggere le loro basi di lancio, perché i nazisti usavano rampe mobili su camion facilmente nascondibili.

La stato maggiore inglese, così come aveva fatto per la squadra di decrittatori di codici affidata a Turing, allestì allora un gruppo di forti matematici alla quale venne aggregata la ventitreenne Younghusband che si era messa in luce nella Filter Room della Raf che coordinava le segnalazioni della rete di neonati radar. La giovane amante delle matematica era a dir poco brillante nel gestire complessi volumi di dati, un fenomeno di intuito perché aveva lasciato la scuola a 16 anni (si laureò a 87). Fu grazie ai suoi calcoli e al suo prodigioso sesto senso che gli inglesi non abbatterono un velivolo misterioso che dall’Atlantico stava facendo rotta su Londra. Nonostante l’aereo non lanciasse segnali di riconoscimento con il transponder e nonostante il pilota non rispondesse alla radio, la Younghusband, facendo tremare tutta la Filter Room, disse di non far decollare i caccia contro quell’aereo la cui traccia sui radar diventava sempre più sinistra. E meno male, perché su quell’aereo con la radio in avaria e con il pilota sbadato (aveva dimenticato di accendere il transponder) viaggiava Winston Churchill.

La giovane ausiliaria della Raf venne allora spedita con la squadra di cervelloni nel Belgio da poco liberato. Il loro compito era fantascientifico: i radar avrebbero fornito i dati delle traiettorie delle V2 decollate dalla Francia e loro avrebbe dovuto individuare il punto di partenza dei missili di Von Braun per consentire ai veloci cacciabombardieri Mosquito di annientare i camion-rampa.
 
Il problema dei problemi è che la squadra della Younghusband aveva solo 360 secondi, insomma 6 minuti, per determinare quel puntino sulla mappa, altrimenti i Mosquito non avrebbero fatto in tempo a individuare i camion subito diretti, dopo ogni lancio, a nascondigli sotterranei. A disposizione del team carta, matita e regoli di cartone. Ebbene, Eileen, con un metodo tutto suo che strabiliò i cattedratici di matematica, fece subito centro alle prime due segnalazioni e poi non sbagliò più un calcolo.
I tedeschi impazzirono per quell’inattesa debacle che annientava la super arma segreta arrivando a ipotizzare l’azione di una potente rete di spie sul territorio che segnalava la posizione dei camion: invece era solo la Younghusband con la sua matita. E con il suo cervello che, ha raccontato, la spingeva fin da bambina a scrutare i cieli stellati.

Quando Von Braun, passato nel dopoguerra agli americani, scoprì la verità, volle sapere tutto della Younghusband e dei suoi metodi di calcolo.

 
Anche lei, in merito a quello strabiliante successo, è stata poi una “figura nascosta” per questioni soprattutto militari strategiche: solo negli ultimi anni sono stati realizzati documentari sul suo ingegno, mentre nel 2013 la Regina Elisabetta l’ha insignita della Medaglia dell’Impero Britannico.

Nel frattempo, già ottuagenaria, aveva finalmente conosciuto una vasta fama grazie ai premiati e molto venduti libri di memorie uno dei quali dedicato ai bambini.

Paolo Ricci Bitti

(prima pubblicazione 25 febbraio 2018)

© RIPRODUZIONE RISERVATA