Aldrovandi, la madre: «Solidarietà a parole non basta, servono provvedimenti»

Patrizia Moretti con l'immagine del figlio morto
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 30 Aprile 2014, 11:41 - Ultimo aggiornamento: 1 Maggio, 14:49

La solidariet delle istituzioni, della politica, non si esaurisca in parole vuote. A chiederlo è la madre di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti, dopo gli applausi dei sindacalisti del Sap agli agenti condannati per la morte del figlio. «Vorrei risposte concrete, provvedimenti», ha aggiunto. Per la madre di Federico «forse ora i tempi sono maturi, la politica non può chiudere gli occhi».

«Le famiglie da sole non possono sostenere questo calvario - ha sottolineato Patrizia Moretti - è una questione che riguarda la società intera. Per questo rivolgo una richiesta alla politica, deve entrare nella questione e trovare una soluzione prima di tutto culturale e anche tecnica. I poliziotti che hanno ucciso Federico sono stati condannati ma poi sono stati riammessi in servizio» e ieri, ha ricordato, durante il congresso del Sap a Rimini, sono stati «applauditi degli assassini. Qui c'è un ingranaggio che si inceppa».

«Servono provvedimenti concreti», perché la solidarietà fine a se stessa non basta più. E questi provvedimenti concreti potrebbero essere l'allontanamento dalla polizia degli agenti «assassini» di suo figlio, come lei ormai li chiama ufficialmente dopo la sentenza di condanna, o l'approvazione del disegno di legge contro il reato di tortura, già licenziato da palazzo Madama, ora all'esame della Camera, insiste Patrizia Moretti che si aspetta insomma una reazione da parte delle istituzioni perché da sola a sostenere episodi come l'applauso dei poliziotti agli agenti condannati per la morte di suo figlio non ce la fa più.

La madre di Federico Aldrovandi è stata ricevuta al Viminale dal ministro dell'Interno Alfano e dal capo della Polizia Alessandro Pansa. L'annunciato incontro che si doveva svolgere alle 16 è stato anticipato per favorire la presenza del ministro che più tardi parteciperà al Consiglio dei ministri. Patrizia Moretti è salita al Viminale insieme al presidente della commissione diritti umani, Luigi Manconi. Poi alla Camera l'incontro tra la madre di Federico Aldrovandi e il presidente Laura Boldrini.

Duro il giudizio del presidente del Consiglio. «L'atteggiamento di ieri al congresso del Sap - ha detto Matteo Renzi - è stato inaccettabile e ha portato disonore a migliaia di divise di donne e uomini che fanno questo lavoro». Renzi ha spiegato ancora: «Non credo possiamo liquidare sentimenti di insofferenza delle forze dell'ordine in una conferenza stampa, ma non è possibile associare un gesto di insofferenza a una reazione di violenza che porta alla morte di un giovane con una sentenza definitiva, non una supposizione».

Il presidente della Repubblica. Solidarietà alla mamma di Federico Aldrovandi e condana agli episodi al congresso del Sap anche dal presidente Napolitano: «Vicenda indegna».

Ma il segretario del Sap insiste. «Non credo di aver disonorato la polizia facendo un'operazione di verità».Il segretario del Sap Gianni Tonelli replica a tutte le critiche ricevute per gli applausi di ieri agli agenti condannati per la morte di Aldrovandi e aggiunge: «non mi dimetto. Rispetto il dolore della madre e sono dispiaciuto per quello che è accaduto». Sulla vicenda, dice Tonelli all'ANSA «si è molto equivocato» e ci sono state «molte strumentalizzazioni»: i video che circolano «sono relativi alla sessione del congresso che si è svolta in mattinata» e non hanno nulla a che vedere con quanto avvenuto dopo. Quanto agli applausi, sostiene ancora il segretario del Sap, «sono arrivati al termine della proiezione di alcune slide che riguardavano una serie di episodi tra cui gli scontri di piazza, la vicenda del sindaco di Terni che disse di esser stato colpito da un poliziotto e invece si scoprì poi che era stato colpito da un ombrello di un manifestante, quella di Aldrovandi». Ma l'applauso per gli agenti condannati c'è stato o no? «Si c'è stato, non mi nascondo dietro un dito, ma in questo contesto», risponde Tonelli. In ogni caso il segretario non arretra dalle sue posizioni. «Penso - dice - che le nostre ragioni siano valide. Se qualcuno avesse la cura di leggersi gli atti processuali, capirebbe che un attimo di riflessione sulla vicenda sarebbe opportuno. Se la nostra intenzione di veicolare la verità processuale dà fastidio, non posso farci molto». Dunque non si dimette? «Sono stato eletto ieri, i nostri segretari provinciali e i delegati d'Italia mi hanno espresso la loro vicinanza - risponde - la questione è stata strumentalizzata con un bombardamento mediato contro il quale è impossibile difendersi».

Gli altri sindacati si dissociano. «Le sentenze - per di più se definitive - si rispettano. Le donne e gli uomini del sindacato di polizia della Cgil si dissociano da un simile episodio che nulla ha a che vedere con la nostra cultura e che trova, da parte nostra, e in ogni momento di questa vicenda drammatica, un atteggiamento deciso di condanna nel rispetto dell'etica e dell'esercizio del ruolo di chi veste una divisa», ha commentato Daniele Tissone, segretario generale del Silp Cgil. «Se si è verificato un tale episodio, a cui non vorremmo mai più assistere, è la dimostrazione evidente che vi sia ancora molto da fare sul versante della formazione interna». Infine, conclude Tissone, «utilizzare strumentalmente la vicenda, rinnovando il dolore della famiglia Aldrovandi è del tutto intollerabile».

«Gli applausi lungamente rivolti ieri agli agenti condannati in via definitiva per la morte del giovane Federico Aldrovandi appaiono come un gesto incomprensibile e gravemente offensivo», hanno dichiarato i segretari del Siap e dell'Associazione funzionari di Polizia. «A fronte di vicende giudiziarie, peraltro ormai concluse con sentenze che vanno rispettate, la tutela dei singoli - poliziotti o meno - va assicurata nelle forme stabilite dalla legge», hanno aggiunto Giuseppe Tinai e Lorena La Spina. «Episodi simili - hanno proseguito - rischiano di fornire un'immagine distorta della Polizia e dei suoi appartenenti, incrinando gravemente il rapporto di fiducia con l'intera collettività. Si finisce, così, per delegittimare seriamente l'impegno di tutti coloro che ogni giorno agiscono nel silenzio, a fianco di chi vive in condizioni di difficoltà, gestendo con responsabilità ed equilibrio anche le situazioni più critiche».

© RIPRODUZIONE RISERVATA