Giorgetti: «Opere più sicure,
ecco il piano per strade e scuole»

Giorgetti: «Opere più sicure, ecco il piano per strade e scuole»
di Alberto Gentili
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Domenica 19 Agosto 2018, 00:36 - Ultimo aggiornamento: 15:45

Il Consiglio dei ministri straordinario è finito da poco, i vertici di Autostrade hanno appena fatto mea culpa, promettendo mezzo miliardo per le vittime e la ricostruzione del ponte crollato in 8 mesi. E il leghista Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, regista e mediatore nel governo, non è affatto impressionato: «Quello di Autostrade è un atto dovuto e anche tardivo. E’ il minimo che potesse fare, dopo i primi comunicati inverosimili. Sono tornati sulla terra. Ma il governo, con responsabilità e senza fare processi sommari, ha intenzione di verificare se esistono le condizioni per il permanere della concessione. Ciò che è accaduto è impensabile: un tratto autostradale non può e non deve crollare in un Paese come l’Italia. Ciò che ho visto oggi ai funerali, il dolore dei familiari delle vittime, è stato straziante. A maggior ragione bisogna fare giustizia».

Autostrade chiede che la magistratura accerti le responsabilità. Se si scoprisse che la società non ha colpe fermerete la procedura di revoca della convenzione?
«E’ partita da poche ore una lettera del governo in cui abbiamo contestato ad Autostrade la responsabilità del crollo, sta adesso alla società rispondere. Ci saranno tutte le verifiche del caso. C’è un’inchiesta penale, con ipotesi di reato gravissime e i risultati dovranno arrivare al più presto: non possiamo accettare che certe situazioni si protraggono all’infinito e si arrivi a prescrizione come per la strage di Viareggio».

Il ponte lo lascerete costruire ad Autostrade?
«La loro disponibilità è doverosa. Ora il governo valuterà se accettare, nella consapevolezza che non basta questo per chiudere la partita».

Non temete penali miliardarie e 19 mila dipendenti di Autostrade senza lavoro?
«Ora la priorità è evitare che ci siano altre vittime. Il governo, ne abbiamo appena parlato in Consiglio dei ministri, è determinato a varare a settembre una grande operazione di messa in sicurezza infrastrutturale del Paese. Un piano che non riguarderà solo la rete autostradale, i ponti, i viadotti, gli acquedotti, ma anche le scuole e le situazioni di rischio causate dal dissesto idrogeologico. Sarà un’operazione di manutenzione senza precedenti, con investimenti ingenti in lavori pubblici. Negli ultimi anni il Paese e le sue strutture sono state trascurate, dimenticate. Si è pensato alle “Nuvole”, all’arredo urbano. Ora si torna a garantire le strutture di base, l’essenziale».

Per finanziare questo piano sforerete i vincoli di bilancio?
«Su questo fronte non esistono deficit, Pil, o parametri europei che tengano. Siamo convinti che l’Unione sarà ovviamente benevola. In più snelliremo tutte le procedure, a partire dal codice degli appalti che va totalmente rivisto dato che non permette di arrivare in tempi ragionevoli alla realizzazione degli interventi».

Quanto durerà questo piano e quale mole di investimenti mobiliterete?
«Dobbiamo stabilire i dettagli. C’è anche il problema di dotare la pubblica amministrazione delle strutture tecniche che negli ultimi anni si sono impoverite. Non ci sono più ingegneri, esperti in grado di capire i rischi, progettare ed essere la controparte dei privati. E si deve tornare, per realizzare questa mega operazione di manutenzione, all’afflato degli anni Sessanta che permise di ricostruire in Paese».

Si farà anche la Gronda di ponente, osteggiata negli anni scorsi dai grillini?
«Penso proprio di sì. Ma prima va ricostruito il ponte, dato che per la Gronda ci vorranno almeno 10 anni».

Il commissario per la ricostruzione sarà il governatore Toti?
«Vedremo se sarà necessario un commissario. Ne discuteremo. Adesso abbiamo dato tutti i fondi richiesti».
Ci sarà una legge speciale per Genova con agevolazioni fiscali e poteri straordinari?
«E’ possibile. Il porto deve poter funzionare: è la porta d’ingresso nel Nord Italia e del centro Europa».

Di Maio non ha escluso la gestione diretta da parte dello Stato di asset strategici come la rete autostradale. Condivide o è un eccesso di statalismo?
«Se ne può discutere. Va fatta però prima un’operazione oggettiva e onesta riguardo alla concessioni: quando si vedono i dati di bilancio e i margini di redditività, viene qualche pensiero riguardo al dare e all’avere di queste convenzioni. Una riflessione va fatta».
 
Tav e Tap verranno realizzate nonostante le perplessità dei 5Stelle?
«Penso che la Tap si farà: è un’opera che ha comportato grandi investimenti e ha coinvolto numerosi Paesi. Mi sembra difficile che possa essere fermata. Per quanto riguarda la Tav bisogna decidere e decidere presto: ci sono investimenti in corso e altri in fase di appalto. Forse la cosa più ragionevole è un ridimensionamento dell’opera».

Tav ridimensionata quanto?
«Nel progetto originario c’è una mega stazione d’ingresso, avveniristica e megagalattica che costa 30-40 milioni di euro. Ecco, possiamo rinunciarci. Come possiamo evitare alcune varianti di percorso che impatterebbero sui centri abitati. Si può fare una Tav più sobria, ma farla».

E l’Ilva? Tra meno di un mese rischia di chiudere e 14mila dipendenti potrebbero perdere il lavoro?
«Di Maio, che giustamente vuole approfondire la questione della gara, parte proprio dalla tutela dei dipendenti e farà la cosa giusta. Nessuno perderà il lavoro».

Torniamo ad Autostrade. E’ vero che nel 2006 finanziò la Lega con 150 mila euro?
«Non lo sapevo, il segretario era Bossi. Ma ho letto che in quegli anni, come dicono i documenti ufficiali, Autostrade dette un identico contributo a tutti i partiti. Non ho motivo di ritenere che non sia vero».

In un’intervista ha detto di temere un attacco dei mercati finanziari perché le élite europee temono il contagio populista e vogliono farvi cadere. Conferma?
«Ho detto una cosa di una banalità sconcertante: sta declinando il quantitative easing della Bce, i fondi speculativi fanno il loro mestiere, tocca a noi essere credibili e vincere l’istinto speculativo».

Dunque non c’è un complotto, una trama?
«No. Ma noi, visto il debito pubblico che abbiamo, dobbiamo dimostrare di avere un programma serio e credibile di crescita in grado di ridurlo».

Lei conosce Draghi, pensa che la Bce debba continuare a tutelare i Paesi sotto attacco speculativo continuando ad acquistare titoli di Stato?
«Draghi e la Bce in questi anni hanno svolto una funzione importantissima. Mi auguro che il programma del quantitative easing vada avanti».

Avete cominciato a lavorare alla manovra economica. Il ministro dell’Economia Tria è sotto assedio?
«E’ sotto assedio per forza, come ogni ministro del Tesoro quando inizia la sessione di bilancio. Tutti vanno a battere cassa e Tria è costretto a dire di no in ragione delle compatibilità finanziarie. In concreto Lega e 5Stelle chiedono la realizzazione delle loro promesse elettorali: flat tax, reddito di cittadinanza e revisione della Fornero. Tria ha chiesto ai propri uffici di preparare diversi scenari di copertura e di applicazione, a settembre troveremo il modo per finanziare le tre proposte».

Per intero? Non è più probabile che ci sia un’applicazione graduale?
«Il governo punta a durare 5 anni. Abbiamo perciò tempo per realizzare le tre riforme e non si faranno tutte e subito. Però si interverrà in modo significativo: non le faremo al 100%, ma neppure al 10%».

Con quali risorse? Lascerete aumentare l’Iva e cancellerete il bonus da 80 euro?
«La clausola di salvaguardia sull’Iva l’hanno messa quelli prima e noi stiamo cercando di sterilizzarla. Per quanto riguarda gli 80 euro verranno inseriti nella riforma complessiva delle aliquote fiscali: non saranno più classificati come spesa, ma come riduzione di tasse».

Per ottenere più margini andrete alla guerra con Bruxelles?
«Nessuno va alla guerra con nessuno. In tanti hanno detto in passato che le regole europee sono stupide, introdurremo un nuovo approccio come siamo riusciti a fare con l’immigrazione. Ad esempio, per noi la flat tax è una riforma strutturale e il reddito di cittadinanza va visto come una parte di un diverso approccio alle diseguaglianze, a maggior ragione dato che Fondo sociale europeo che non ha particolarmente brillato».

E quanta flessibilità chiederete? E’ vero che volete spingere nel 2019 il rapporto deficit-Pil dallo 0,8 programmato, all’1,6-1,7 per avere circa 15 miliardi in più di spesa?
«Questa è la base di partenza, a maggior ragione dopo l’emergenza infrastrutturale emersa in questi giorni.

Meno di questo non si può immaginare. Si possono però ottenere ulteriori margini se ci dimostreremo seri e credibili».

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