RaiSport, Gabriele Romagnoli lascia: «Qui sembra Beirut»

RaiSport, Gabriele Romagnoli lascia: «Qui sembra Beirut»
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Domenica 29 Luglio 2018, 18:09 - Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 19:20
ROMA  «Il primo agosto sono fuori dalla Rai». Lo annuncia all'Ansa il direttore di Rai Sport, Gabriele Romagnoli, spiegando che la scelta di lasciare l'azienda dopo due anni e mezzo, in anticipo rispetto alla scadenza del contratto fissata a febbraio 2019, è legata «al gentlemen's agreement con chi mi ha affidato il mandato. Sono stato scelto da Verdelli e Campo Dall'Orto, che sono andati via entrambi, per loro motivi. Con Orfeo ero d'accordo che sarei rimasto fino a quando sarebbe stato direttore generale. Venerdì sera, con la definizione completa del nuovo cda, ho rassegnato le dimissioni.

Cambia la struttura di vertice, è giusto che faccia le scelte che ritiene più giuste in tutti i settori. Vado via senza nulla pretendere, lasciando a disposizione gli ultimi mesi di stipendio». La politica, ci tiene a sottolineare Romagnoli, «non c'entra nulla, né quella alla quale mi sento vicino, né quella da cui mi sento lontano. Sono sempre stato un indipendente. Sono entrato in Rai con un contratto a tempo determinato per fare lo sport, avrei avuto dei dubbi ad accettare incarichi di altro tipo. Ho le mie idee, ma se mi avessero chiesto una dichiarazione di fedeltà a qualsiasi governo, non avrei mai accettato. E comunque nessuno lo ha mai fatto». Un addio che non è «una decisione improvvisa», dunque, ma è legato anche alla necessità «di un ripensamento generale sullo sport, alla luce di come sono cambiati i diritti. Se fossi uscito tra sei mesi, avrei lasciato a metà progetto. È giusto che se ne occupi qualcun altro, con un incarico più lungo».

Due anni e mezzo in Rai, anche per una persona che «non tende a fare i bilanci», sono stati «un'esperienza. Sono stato due anni e mezzo a Beirut - sottolinea Romagnoli, giornalista, scrittore, già inviato della Stampa e firma di Repubblica - dove ci sono 17 confessioni religiose, faide e bombe che scoppiano qua e là. Posso dire che, pur senza arrivare a quei livelli, in Rai il tasso di conflittualità è altissimo, ma per qualcosa che forse vale un po' meno rispetto al proprio credo religioso». Anche se «non si è nati sul pianeta Papalla e si sa a che cosa si va incontro», a Viale Mazzini resiste «una sorta di Rai nella Rai, che c'era con la Dc, poi con Berlusconi, poi con Renzi. Sono quelli che stanno lì da una vita, che fanno le cose che contano. E ora, guardandoli, sembra di leggergli sopra il fumetto Mò ce tocca il sovranista. Ma vinceranno loro, perché restano. Ogni tanto si affaccia il nuovo potere che annuncia la sua rivoluzione, fa il suo proclama, ma poi si vedrà se riuscirà a realizzarlo».

Con la redazione di Rai Sport, che lo ha sfiduciato, ha avuto un rapporto difficile: «Sono sempre andati contro qualunque direttore - risponde senza mezzi termini - Il problema è che sono troppi giornalisti per uno spazio che si va sempre più restringendo, ogni volta che la Rai perde un diritto, penso al tennis, alla Formula Uno. Un'evoluzione inevitabile: la tv pubblica in Europa ormai non fa più sport, la Rai mantiene la sua pattuglia. Anche con il calcio, è sempre più difficile: quest'anno verranno meno due programmi, Il sabato della DS, che pure era cresciuto dell'1.9%, perché la partita del sabato è un'esclusiva della nuova piattaforma Dazn, e Novantesimo minuto Serie B, perché la serie cadetta non gioca più il sabato. Una situazione destinata a frazionarsi sempre di più. Fox Sports ha chiuso, alla Rai i giornalisti restano fermi senza sapere che fare. I Mondiali hanno dato lustro a Mediaset? Se la Rai avesse speso 80 milioni e trasmesso 64 partite, senza l'Italia, sarebbero scattate le interrogazioni parlamentari. La Rai, come fa, sbaglia». Il risultato di cui va più orgoglioso «è il Giro d'Italia, il modo in cui ne abbiamo cambiato il racconto, con più attenzione all'uso delle immagini, alla grafica, all'impiego di giornalisti in molti casi diversi». Il maggior rimpianto, «non essere riuscito a cambiare il linguaggio della narrazione sportiva. In certi casi, per farlo, bisogna cambiare chi parla, e cambiare le persone in Rai è difficilissimo. Auguri a chi ci proverà, se ci proverà: è un'impresa difficile, ma necessaria».

A 57 anni, Romagnoli, che ha «cambiato spesso» e che «ama rischiare», è convinto che «nella vita, come nella musica, le pause siano importanti. Per ora vado in vacanza, sto finendo un libro che consegnerò a fine estate, poi vedrò cosa succede. Ho bisogno di fare una vita più libera, meno strutturata. A quelli che iniziano - conclude - dico tanti auguri. Auguri di riuscire a lavorare con maggiore serenità, nel giudizio sia interno sia esterno»
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