Prestito d’onore per la laurea come all’estero, ma gli studenti dicono no: «Boicottiamolo»

Prestito d’onore per la laurea come all’estero, ma gli studenti dicono no: «Boicottiamolo»
di Lorena Loiacono
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Domenica 29 Luglio 2018, 00:58 - Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 14:26
Investire sul proprio futuro, nel senso letterale del termine, pagandosi gli studi universitari con il prestito d’onore: un debito da saldare, però, solo quando si riesce a trovare un lavoro dopo la laurea. È questa l’idea al vaglio del ministero dell’Istruzione che, entro un mese, dovrà decidere cosa fare dei fondi Pon messi sul piatto per i finanziamenti agevolati agli studenti universitari: il prestito, secondo i piani del Miur che riprende l’idea dal precedente Governo, potrà essere saldato solo quando lo studente avrà una situazione lavorativa stabile. Una soluzione che tende la mano alle associazioni studentesche, che però sono già sul piede di guerra. Da un lato, infatti, c’è l’Autorità garante che con un questionario sta sondando il terreno tra gli universitari, per capire come attivare i finanziamenti, dall’altro ci sono gli universitari pronti a boicottare il piano: «Altro che finanziamenti e banche, vogliamo più borse di studio per le fasce deboli». 

L’ITER
Per ora i fondi Pon, che andrebbero destinati ai prestiti d’onore, ammontano a 100 milioni di euro e saranno riservati agli studenti che decidono di iscriversi a un corso di laurea specialistica o a un master. Si tratta quindi di studi avanzati, a cui si accede dopo la laurea triennale. L’iter per introdurre il prestito d’onore è partito nel mese di marzo scorso tramite un progetto del Comitato di Sorveglianza del Pon, Ricerca e innovazione, relativo ai Fondi strutturali europei destinati a promuovere lo sviluppo delle aree più svantaggiate del Paese: per questo negli atenei italiani, soprattutto nelle regioni del Sud come Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, è stato adottato un questionario a cui gli iscritti nelle varie università possono rispondere in maniera volontaria. 
Una sorta di sondaggio per capire quanti ragazzi chiederebbero un prestito per iscriversi all’università e con quali aspettative.

Tra le domande infatti si legge “quanto hai speso finora? Quanto costa il corso che intendi seguire? Quanto ti ha condizionato nella scelta l’aspetto economico?”. E ancora “Sei attualmente beneficiario di una borsa di studio? Hai mai contratto un prestito per finanziare i tuoi studi? Perché non hai mai chiesto un prestito? Quanto saresti disposto a chiedere?”. 

L’iniziativa però non è andata a genio alle associazioni studentesche: l’Unione degli universitari ha avviato infatti una petizione online e un boicottaggio degli studenti per fermare il progetto e chiede l’immediato ritiro del sondaggio da parte del ministero dell’istruzione che, di fatto, lo ha avviato come previsto dal regolamento europeo che disciplina l’erogazione di risorse comunitarie. 

LE POLEMICHE
«La risposta al sottofinanziamento pubblico - denuncia l’Udu - non può essere ipotecare il futuro dei giovani. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove i prestiti d’onore hanno addirittura sostituito le borse di studio, il debito studentesco ha prodotto povertà, aumentato le disuguaglianze e creato una bolla finanziaria tutt’altro che ignorabile». 

Ma il Miur sta studiando le carte, decidendo per una strada percorribile senza creare frizioni con le associazioni. Ieri infatti il sottosegretario del ministero dell’istruzione, Lorenzo Fioramonti, è stato ospite al Revolution Camp – Il villaggio studentesco per un confronto sulle principali questioni universitarie del momento. Primo fra tutti, quindi, il diritto allo studio da cui è scaturito, tra le altre problematiche, anche il dibattito sul prestito d’onore. «Fioramonti ha ribadito - spiega Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Udu - che se lo strumento del prestito d’onore dovesse essere adottato, per gli impegni presi precedentemente, lo sforzo sarà rinegoziarne i termini di applicazione, in riferimento quindi all’aspetto del rientro del finanziamento. Accogliamo positivamente questa posizione: l’idea è di permettere allo studente di pagare il debito solo quando avrà trovato lavoro, non in base a tempistiche decise ex ante».

Sull’argomento è intervenuto anche il sottosegretario Salvatore Giuliano che, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare, ha spiegato: «Il Ministero sta conducendo un’indagine preliminare per verificare la fattibilità dell’operazione. Si tratterebbe comunque di una misura aggiuntiva rispetto agli interventi più rilevanti e importanti che si intendono implementare e che sono riconducibili alla vigente normativa nazionale sul diritto allo studio, in particolare le borse di studio e alla No-Tax area». 
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