In Egitto inaugurato un museo per ricordare i 21 copti sgozzati in Libia nel 2015

In Egitto inaugurato un museo per ricordare i 21 copti sgozzati in Libia nel 2015
di Franca Giansoldati
2 Minuti di Lettura
Giovedì 12 Luglio 2018, 17:40
Città del Vaticano – Sono stati decapitati con il volto rivolto verso l'Occidente, su una spiaggia della Libia, vestiti con la tunica arancione come la divisa dei detenuti di Guantanamo. Dietro le vittime, 21 prigionieri copti, c'erano altrettanti miliziani dell'Isis vestiti di nero, il volto coperto dal passamontagna mentre impugnavano il coltello. Le immagini della terribile esecuzione hanno mostrato che questi sventurati, poco prima di morire, hanno pronunciat chiaramente la parola Gesù Cristo. Per questo motivo i vescovi copti non hanno alcun dubbio sul fatto che sono stati dei martiri, morti senza rinnegare Cristo. Anche il Papa, l'anno scorso, aveva riconosciuto il loro martirio. In questi giorni l'agenzia vaticana Fides ha raccontato che è stato costruito un sacrario museo per i martiri copti, trucidati su una spiaggia libica nel gennaio del 2015.

Tra le reliquie esposte anche le manette che legavano le mani dei prigionieri mentre venivano decapitati. Il museo-sacrario è stato inaugurato nei giorni scorsi dal vescovo copto ortodoss Anba Befnosios, presso la cattedrale costruita per custodire i resti mortali dei martiri, nel villaggio egiziano di Al-Our. Tra gli oggetti esposti ci sono persino le monete trovate nelle tasche dei corpi, le loro scarpe, insieme a alcuni documenti di identità e ai registri di lavoro su cui due di loro segnavano le attività lavorative compiute giorno per giorno. Le 20 vittime copte, assieme all'unico ghanese che lavorava in Libia erano stati rapiti qualche giorno prima.

Il video della loro decapitazione era stato messo in rete il mese successivo. Il Patriarca oratodosso Tawadros II ha iscritto i 21 martiri nel martirogio stabilendo che la loro memoria fosse celebrata porprio il 15 febbraio. I corpi decapitati erano stati sepolti in una fossa comune vicino a Sirte. Le operazioni di rimpatrio sono stata piuttosto lunghe e laboriose. Nel frattempo le analisi del Dna hanno permesso di identificare i corpi.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA