Tra le reliquie esposte anche le manette che legavano le mani dei prigionieri mentre venivano decapitati. Il museo-sacrario è stato inaugurato nei giorni scorsi dal vescovo copto ortodoss Anba Befnosios, presso la cattedrale costruita per custodire i resti mortali dei martiri, nel villaggio egiziano di Al-Our. Tra gli oggetti esposti ci sono persino le monete trovate nelle tasche dei corpi, le loro scarpe, insieme a alcuni documenti di identità e ai registri di lavoro su cui due di loro segnavano le attività lavorative compiute giorno per giorno. Le 20 vittime copte, assieme all'unico ghanese che lavorava in Libia erano stati rapiti qualche giorno prima.
Il video della loro decapitazione era stato messo in rete il mese successivo. Il Patriarca oratodosso Tawadros II ha iscritto i 21 martiri nel martirogio stabilendo che la loro memoria fosse celebrata porprio il 15 febbraio. I corpi decapitati erano stati sepolti in una fossa comune vicino a Sirte. Le operazioni di rimpatrio sono stata piuttosto lunghe e laboriose. Nel frattempo le analisi del Dna hanno permesso di identificare i corpi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA