Lavoro, sui voucher si apre lo scontro Lega-M5S

Lavoro, sui voucher si apre lo scontro Lega-Cinquestelle
di Andrea Bassi
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Martedì 10 Luglio 2018, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 12 Luglio, 00:21

Ancora una fumata nera. Il decreto Dignità approvato ormai una settimana fa in consiglio dei ministri, non è stato pubblicato ancora sulla Gazzetta Ufficiale. Anzi, fino a ieri sera il testo messo a punto dai tecnici del ministero dello Sviluppo economico e del lavoro, non aveva ancora ricevuto nemmeno il bollino della Ragioneria generale dello Stato, il passaggio che certifica che il testo è compatibile con le regole sui conti pubblici. Un atto necessario, senza il quale il provvedimento non può essere nemmeno trasmesso al Presidente della Repubblica per la firma. Il lavoro tecnico, insomma, è proseguito lento. Nessun intoppo di sostanza, ma i testi poco chiari e qualche copertura da limare, hanno reso necessari i tempi supplementari. Con qualche effetto collaterale.

Siccome fino a quando il decreto non sarà pubblicato in Gazzetta le norme non entreranno in vigore, negli ultimi giorni ci sarebbe stato un corri corri generale a firmare contratti pubblicitari e di sponsorizzazione con le società di scommesse, visto che il divieto di spot entrerà in vigore soltanto fra un anno. Intorno al testo, comunque, la tensione resta ancora alta. Non passa giorno in cui il ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, non sia costretto a difendere le norme e a mettere le mani avanti.

LE MANI AVANTI
«Ci deve essere una questione chiara sul decreto dignità», ha detto ieri Di Maio, «il tema dei voucher, se deve essere introdotto per sfruttare di nuovo la gente, troverà un muro in cemento armato nel Movimento 5 Stelle». Parole rivolte alla Lega e che contengono due messaggi. Il primo è che i voucher saranno reintrodotti, come chiesto dal Carroccio. Il secondo è il tentativo di mettere le mani avanti provando a limitare i danni. Una direzione nella quale va anche un altro messaggio recapitato ieri da Di Maio all'alleato di governo: nel passaggio parlamentare le norme non dovranno essere modificate, ma solo introdotti temi aggiuntivi e il testo dovrà essere approvato senza voto di fiducia. Il timore di Di Maio, è che il provvedimento venga «annacquato».

Preoccupazione fondata. Al Nord la Lega ha dovuto fronteggiare una vera e propria sollevazione da parte delle imprese contro il decreto che mette le briglie ai contratti a termine. Gli amministratori locali del Carroccio sono stati subissati da telefonate degli imprenditori dei ricchi territori che da sempre sono il bacino elettorale della Lega. A loro volta sindaci e consiglieri locali hanno chiamato i vertici di via Bellerio. A rivoltarsi contro il decreto non sono state solo le grandi imprese aderenti a Confindustria, ma anche la Confcommercio e i piccoli imprenditori. Il tema sarebbe già stato affrontato da Salvini e Di Maio, e si starebbe cercando una via d'uscita.

L'IMPERATIVO
L'imperativo, a questo punto, è evitare il Vietnam parlamentare, modificando il testo soltanto con emendamenti governativi, contrattati direttamente tra Di Maio e Salvini. Sui contratti a termine, per esempio, si starebbe lavorando all'idea di rafforzare le norme transitorie, evitare cioè, che la tagliola delle nuove regole che riducono da 36 a 24 mesi la durata dei contratti, si applichi agli accordi in corso. Una via d'uscita onorevole anche per Di Maio. Il problema vero restano i vocuher. Ieri Di Maio ha detto che lo strumento dovrebbe tornare alle sue origini, in pratica quando si poteva utilizzare solo per i lavoretti, come il doposcuola o i piccoli lavori di giardinaggio. Ma il ministro leghista dell'Agricoltura, Gian Marco Centinaio, spinge per la loro reintroduzione nel settore agricolo e nel turismo. «Servono in agricoltura e per gli alberghi», gli ha fatto eco ieri Salvini.

Le posizioni restano distanti. Frizioni da tenere a banda, anche perché tra poco più di un mese entrerà nel vivo la preparazione della manovra economica di ottobre che rischia di fare da detonatore. Per questo ieri durante il vertice sui migranti convocato a Palazzo Chigi e al quale ha preso parte anche il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, si è iniziato ad affrontare anche il tema delle grandi riforme previste dal contratto di programma, dalla Flat Tax al reddito di cittadinanza.

Tria ha già spiegato di non voler sfasciare i conti, e dunque le proposte del contratto andranno realizzate nell'arco della legislatura.

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