Lombroso, nell’opera L’uomo delinquente, sostenne la tesi secondo cui i comportamenti criminali sarebbero determinati da predisposizioni di natura fisiologica, che spesso si rivelano anche esteriormente nella configurazione anatomica del cranio. L’idea che la criminalità fosse connessa a particolari caratteristiche fisiche di una persona è molto antica: la si trova già, ad esempio, nell’Iliade di Omero, nel cui libro II la devianza di Tersite è direttamente legata alla sua bruttezza fisica; le stesse leggi del Medioevo sancivano che se due persone fossero state sospettate di un reato, delle due si sarebbe dovuta considerare colpevole la più deforme. Memore di questa tradizione, Lombroso si convinse che la costituzione fisica fosse la più potente causa di criminalità: e, nella sua analisi, egli attribuisce particolare importanza al cranio.
Studiando il cranio del brigante Vilella, rilevò che nell’occipite, anziché una piccola cresta, c’è una fossa, alla quale dà il nome di occipitale mediana. La cresta occipitale interna del cranio, prima di raggiungere il grande foro occipitale, si divide talvolta in due rami laterali che circoscrivono una fossetta cerebellare media: caratteristica anatomica del cranio che oggi è chiamata fossetta di Lombroso. Egli riteneva si trattasse di un carattere degenerativo più frequente negli alienati e nei delinquenti, che classificava in quattro categorie: i criminali nati (caratterizzati da peculiarità anatomiche, fisiologiche e psicologiche), i criminali alienati, i criminali occasionali e quelli professionali.
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