Rom a Roma, esperimento del Campidoglio: «5mila euro a chi vuole lavorare»

Rom a Roma, esperimento del Campidoglio: «5mila euro a chi vuole lavorare»
di Simone Canettieri
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Giovedì 28 Giugno 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 09:43
«Tra la ruspa del ministro Matteo Salvini e il mantenimento dello status quo, che sembra spinto da un certo mondo dell’associazionismo compreso quello cattolico, esiste una terza via sulla questione rom: ed è la strada che stiamo percorrendo. Legalità e anche inclusione nella società: ecco perché stiamo attivando tutti gli strumenti possibili, compreso un contributo da 5mila euro per chi apre un’attività. Si tratta di accompagnamento al lavoro attraverso i centri di orientamento, una misura che abbiamo approvato un anno fa e che intendiamo potenziare». 

CAMBIAMENTO
Laura Baldassarre, assessore ai Servizi Sociali di Roma, è stata a lungo dirigente dell’Unicef, prima di approdare nella giunta di Virginia Raggi. Sui rom i fatti però sembrano sposarsi con i buoni propositi: il piano per la chiusura del primo campo nomadi della Capitale, il River, va avanti a singhiozzo e con polemiche. Su 420 abitanti solo 150 se ne sono andati, e di questi una minima parte, davvero residuale, ha accettato il ventaglio di offerte del Comune (dal buono affitto al rimpatrio assistito). In compenso, il direttore della Caritas di Roma, monsignor Enrico Feroci, ha definito lo sgombero di questi giorni «disumano».

E anche la Comunità di Sant’Egidio ha lanciato un appello alla sindaca per fermare la rimozione dei moduli abitativi (entro sabato vanno tutti tolti, poi verranno staccate le utenze). «Dobbiamo fare una scelta di civiltà e lancio un appello a tutti: alle famiglie e soprattutto al mondo dell’associazionismo. Bisogna dire - dice ancora l’assessore Baldassarre - chi si schiera con lo status quo e chi invece vuole cambiare modello. Le comunità religiose posso darci una mano. Per esempio, la prima famiglia che ha accettato il contributo per l’affitto sono Testimoni di Geova. Monsignor Feroci forse si è fatto ingannare da foto e riprese fatte circolare ad hoc». 

In questi giorni rimbalzano le immagini di moduli abitativi devastati per non far più entrare le famiglie. E subito si può pensare che questa accelerazione e questa violenza visiva siano frutto della nuova intesa di governo Lega-M5S. «Tutt’altro - continua l’assessore -quei moduli abitativi sono del Comune e da tempo i rom sanno che devono essere rilasciati. Peccato che le famiglie abbiano rifiutato, nonostante le misure messe in piedi dall’amministrazione, misure che altri romani non hanno mai avuto».

Baldassarre tiene a sottolineare, mentre si lancia in appelli, due fatti abbastanza noti: il sistema dei campi «venne introdotto dal ministro Roberto Maroni dieci anni fa e l’Unione Europea ci obbliga a superarlo, per fortuna». Non solo, dietro la gestione di questi ghetti - a Roma sono 7 i campi autorizzati e una decina quelli tollerati per un totale di 5mila persone - si celavano gli affari di Buzzi e Carminati, il mondo di mezzo che diceva: «Con gli zingari si fanno più soldi che con la droga». 

Dunque facendosi forza su questi assi, Baldassarre e quindi Raggi provano a cambiare paradigma. Senza salire sulla ruspa di Salvini. «Non serve l’approccio assistenzialista, non serve la ruspa. Anzi, a questo proposito: una cosa sono le parole, un’altra i fatti, che come stiamo vedendo hanno una loro complessità». 

L’EMERGENZA
In questa terza via, che è quella che vuole percorrere il Campidoglio M5S in chiave di contraltare alla Lega, rimane l’emergenza dei campi nella Capitale. Entro il 2020 dovranno essere chiusi altri due centri: Barbuta e Monachina. L’esperimento pilota del River procede con estrema fatica. «Alla Barbuta - continua l’assessore - abbiamo scoperto che c’erano 60 bambini che non erano mai andati a scuola. Per questo dico: non bisogna mai abbandonarsi al peggio. Certi facili profeti non vanno ascoltati: si può cambiare il sistema, puntando sulla legalità e l’inclusione».

Tra i vari strumenti finanziari dall’Europa ci sono appunto i contributi per gli affitti (pagati direttamente dall’amministrazione) e il rimpatrio assistito (soprattutto per chi viene dall’Est Europa). Per tutti gli altri c’è la possibilità di un contributo affinché si trovino un lavoro. Non è assistenzialismo questo? «No, stiamo potenziando i nostri centri - conclude l’assessore - dobbiamo mettere più persone possibili nelle condizioni di uscire volontariamente dal ghetto fisico e mentale in cui vivono».
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