LA SVOLTA
Ecco perché, a due anni esatti dalla presa di Palazzo Senatorio - Raggi si insediò con la fascia tricolore il 22 giugno 2016 - la sindaca grillina è pronta a reclutare un pattuglione di esperti esterni a cui affidare le poltrone chiave della macchina amministrativa di Roma (si chiamano assunzioni ex articolo 110: in campagna elettorale Raggi si disse contraria a queste figure). Trasporti, centrale dei lavori pubblici, fondi europei, beni culturali, edilizia sociale. È un tentativo di rilancio, dopo 24 mesi sull’ottovolante, per «uscire dall’angolo sulle cose concrete», come va ripetendo la sindaca in questi giorni.
Perché governare Roma con una macchina burocratica così impaludata, è da mission impossible. Un’anteprima si era vista pochi mesi fa, quando il Campidoglio cercò tra i suoi dirigenti - stipendio medio: oltre 100 mila euro l’anno - un manager a cui affidare la direzione “Rifiuti, risanamenti e inquinamenti”. Insomma, la poltrona da cui coordinare e gestire una delle grandi emergenze della Capitale, la monnezza che tracima dai bidoni un giorno sì e l’altro pure. Bene, nessuno dei 200 dirigenti si fece vivo per quell’incarico: il dipartimento Ambiente dovette ammettere l’«assenza di candidature da parte della Dirigenza capitolina» e si mise a cercare fuori. Alla fine si fece avanti, con il sollievo del M5S e la gratitudine dei nuovi “colleghi” che hanno così potuto scansare lo sgradito compito, Laura D’Aprile, esperta del ministero dell’Ambiente. Ora la storia sembra ripetersi e su scala molto più larga.
LA MOSSA
Ieri Raggi ha fatto partire uno scouting a tutto campo. Si cercano ben 8 supermanager esterni, considerato che, si legge nelle circolari interne, «nonostante la riduzione significativa delle posizioni dirigenziali», sforbiciata apportata da Raggi l’anno passato, «persiste una consistente carenza di personale dirigente». Finora si è sistemata qualche toppa qua e là, affidando incarichi ad interim oppure sfruttando funzionari “in prestito” da altre amministrazioni statali, o ancora assegnando le mansioni, ammette il Comune, a gente che non ne aveva le skill, cioè con «profili professionali non afferenti» agli incarichi ricevuti. E serve invece gente con «professionalità adeguata». Ecco perché ora si cerca all’esterno, sperando che la proposta - contratto a termine di tre anni - non si perda nel vuoto. C’è «necessità», scrive il Campidoglio, di un direttore per il Trasporto pubblico locale, oppure del capo della Centrale unica dei lavori pubblici, da cui partono tutti gli appalti per le buche. E via così: dai finanziamenti europei alla Sovrintendenza capitolina fino alle politiche energetiche, l’edilizia sociale e gli impianti sportivi.
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