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MINISTERO PARTE CIVILE
La scuola in sostanza, scrivono i giudici (presidente Ugo Di Benedetto) nella sentenza, non hanno rispettato il «principio del contraddittorio» non avendo «inviato all’interessata alcuna contestazione degli addebiti e non avendo, a maggior ragione, provveduto ad acquisire, nel corso del procedimento, le ragioni dell’incolpata». Anche la valutazione della condotta, spiega la terza sezione del Tar, è «affetta da illegittimità in quanto basata, a quanto risulta e in mancanza di ulteriori specificazioni da parte dell’Amministrazione intimata, su un unico episodio peraltro neppure adeguatamente ricostruito». Per «resistere» al ricorso presentato dai genitori della ragazzina su quel fatto, avvenuto nell’anno scolastico 2016-2017, si è costituito nel procedimento anche il ministero dell’Istruzione.
COLLOQUIO INFORMALE
I giudici chiariscono, però, che nel «regolamento recante lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria» si dice espressamente che «nessuno può essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni».
L’alunna «è stata sentita» dall’insegnante che era in classe ma solo in via «informale» e non è stato nemmeno accertato se la ragazzina fosse consenziente o meno «alla successiva pubblicazione del video» sui social. Così i giudici hanno annullato la sanzione inflitta nel febbraio 2017 e il verbale del consiglio di classe che assegnò il 7 in condotta.
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