La conferenza stampa del presidente della Banca centrale europea e le decisioni prese a Riga nella riunione del direttivo dell’istituto giovedì scorso sono state tutte dedicate a sottolineare che questi obiettivi sono stati raggiunti e che la strada intrapresa non cambierà direzione fino alla fine del mandato, fissata per l’ottobre del prossimo anno.
Perché questo cammino avvenga senza scosse la Bce ha deciso di continuare l’acquisto di titoli pubblici fino alla fine dell’anno, dimezzandone però la quantità a partire dal prossimo mese di ottobre e impegnandosi, anche per i mesi successivi, all’acquisto dei titoli in scadenza. Una politica quindi di continuità ma che tiene conto che l’economia europea è sempre più in grado di camminare sulle proprie gambe. Molti osservatori si aspettavano una politica diversa, indirizzata a prospettare un leggero ma già prossimo aumento dei tassi di interesse. Vi sarà invece una politica accomodante fino alla fine dell’estate del 2019. Questo è in fondo coerente con le posizioni costantemente assunte da Draghi.
Draghi aveva sempre avuto come obiettivo non di acquistare titoli pubblici all’infinito ma di mantenere i tassi bassi fino a che non si fosse manifestata una chiara ripresa dell’economia accompagnata da un concreto rischio di crescita dell’inflazione. Troppo vivo era in lui il ricordo degli effetti negativi che avevano avuto gli aumenti dei tassi adottati dai suoi predecessori nel 2008 e 2011, aumenti che avevano aggravato la crisi e ritardato la ripresa dell’economia europea in modo netto e preoccupante. Oggi l’economia europea è complessivamente in buona salute ma le previsioni di crescita sono passate dal 2,4% di marzo all’2,1% di oggi, mentre l’inflazione rimarrà anche nel prossimo futuro al di sotto del 2%, fissato come riferimento dalla stessa Bce.
Non vi sono perciò le condizioni per frenare questa modesta ripresa con un aumento dei tassi di interesse.
Il quadro descritto e le decisioni prese sono evidentemente coerenti con la situazione oggi esistente ma sono condizionate da due rischi maggiori: il primo è una possibile (anche se non ancora probabile) guerra doganale ed il secondo (che è sempre rimasto sullo sfondo) è la direzione che prenderà la politica italiana. Questa politica di bassi tassi di interesse non può quindi essere un elemento per giustificare una politica di bilancio che si discosti dagli obiettivi che dobbiamo perseguire per mantenerli bassi anche in Italia.
Il fatto più rilevante è che, in favore di questa politica di bassi tassi e di riconoscimento dell’irreversibilità del ruolo dell’Euro, hanno votato in modo unanime tutti i membri del Consiglio della Bce, superando le controversie che, anche nel recente passato, avevano diviso l’Europa fra falchi e colombe.
Non sarà che l’esistenza della moneta unica, bersaglio preferito di tutti i sovranisti, non stia invece diventando il cemento dell’unità europea?
È certo oggi impossibile dare una risposta a questa domanda ma è doveroso ammettere che l’approvazione unanime della politica monetaria prospettata dal presidente della Bce è un buon auspicio per il nostro futuro.
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