Due bambini nel corpo di due cinquantenni, on the road dalla Puglia all’Islanda tra incontri e speranze, disavventure e scoperte. Cercano la ”normalità”, troveranno la seconda possibilità mai avuta. Toccante, sincero, condotto con il tono lieve della favola e il sorriso della commedia, s’intitola Due piccoli italiani (in sala da giovedi 14 giugno con Keyfilm) il primo lungometraggio diretto da Paolo Sassanelli, anche protagonista in coppia con Francesco Colella.
Al centro della storia due psicolabili teneri e naif, in fuga da una struttura sanitaria di un piccolo paese del sud. Catapultati dapprima in Olanda, approdano nell’isola dei geyser dove impareranno a superare paure e inibizioni e scopriranno la gioia di esistere con l’aiuto di una compagna di viaggio generosa, abbondante e stravagante (l’attrice Rian Gerritsen, nel cast anche la bravissima Marit Nissen e Dagmar Lassander).
LA VERA FAMIGLIA. Già premiato come regista di corti, per debuttare in un film ”vero” ha scelto un tema tanto affascinante quanto insidioso: «Quando parli di malattia mentale il rischio di cadere nelle stereotipo o nel pietismo è sempre in agguato», concorda l’attore, «ma sono stato attento ad evitarlo puntando sui sentimenti, sull’amicizia, sui legami che, al di là del sangue, costituiscono davvero una famiglia e danno senso alla vita».
Proprio quarant’anni fa, la Legge Basaglia chiudeva i manicomi. «Ho pensato a quella stagione e all’enorme cavallo di cartapesta costruito da un gruppo di internati: per farlo uscire dalla struttura sanitaria fu necessario rompere le porte», ricorda Sassanelli. E oggi, vedendo Due piccoli italiani, è inevitabile pensare al capolavoro di Virzì La pazza gioia che aveva come protagoniste due «pazze» in fuga da un manicomio. «L’accostamento con quel magnifico film mi onora», dice Paolo, «ma tra i miei riferimenti ci sono anche Si può fare di Mafredonia e il cult americano Qualcuno volò sul nido del cuculo».
DUE ANTIEROI.
Nel ruolo di un carabiniere, Sassanelli è tra i protagonisti di Notti magiche, il nuovo film di Virzì (in predicato per Venezia). Nativo di Bari, si è formato artisticamente prima a Milano poi a Roma. «Ma ho sempre frequentato le periferie: è lì che vedi la vita vera della gente, senza essere costretto a immaginarla», spiega.
PASSAPAROLA. Ha già in progetto una nuova regia e si augura che Due piccoli italiani, schiacciato sul mercato tra kolossal e film più ”titolati”, venga promosso dal passaparola degli spettatori: l’accoglienza ricevuta alle varie anteprime è di ottimo auspicio. «Il cinema italiano se la passa piuttosto bene», ragiona, «ma forse meriterebbe una classe dirigente più illuminata. Almeno capace di proteggere i prodotti più piccoli e indifesi».