C’era una volta “90° Minuto”: i gol in chiaro solo dopo le 22

C’era una volta “90° Minuto”: i gol in chiaro solo dopo le 22
di Piero Mei
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Sabato 9 Giugno 2018, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 20:13
Addio a quella bella “febbre a 90°”. Addio a Novantesimo Minuto, come si chiamava a tutte lettere con la sigla Pancho di Jack Trombey, inizio alle 17.45 del 27 settembre 1970. Il novantesimo minuto è un minuto qualunque sul campo, ora che c’è il recupero sempre più lungo per via del Var, e in televisione scompare: il calendario palinsesti ha sconfitto il palinsesto tv perché lo spezzatino è un piatto da mangiare a pezzetti, sgranocchiare nel corso d’una giornata che può durare quattro giorni dal venerdì al lunedì e che senso avrebbe più quel rito del pomeriggio della domenica, se il bello dovrà ancora venire e se i diritti sono trattenuti fino alle 22? Avrebbe il senso della libertà di vedere: la Rai si dichiara stupita “per il rischio grave e incomprensibile per il servizio pubblico, non far vedere a tutti gli italiani il sabato sera e la domenica pomeriggio le immagini salienti delle partite”: la Rai chiede ai presidenti di ripensarci. Era un rito davvero, quel Novantesimo Minuto, che Maurizio Barendson, Paolo Valenti e Remo Pascucci inventarono in quell’anno magico, il 1970, l’anno di Italia-Germania 4-3. Era così la domenica: Tutto il calcio minuto per minuto, scusa Ameri e scusa Ciotti, e se eri allo stadio poi di corsa a casa per vedere quella trasmissione che era la prima a dare le immagini delle partite e la notorietà a volti che diventavano amici. Un catalogo infinito: la manona di Luigi Necco e sullo sfondo i napoletani che ballavano sempre la gioia d’essere Napoli, Tonino Carino da Ascoli, le cravatte a mezz’asta di Castellotti, l’Ascoli di Costantino Rozzi, Marcello Giannini da Firenze, la magnifica ironia di Beppe Viola, Ferruccio Gard da Verona, Giorgio Bubba da Genova (Genoa e Samp) e quanti altri ancora. Una classe di classe. Anche Lamberto Sposini, per dire.
E una serie di conduttori “da paura”, nel senso buono: Bisteccone nostro, Giampiero Galeazzi, per dire. E non se ne nominano altri per non farsi nemici. Se non l’ultimo conduttore, che dovrà spegnere il mito, Paola Ferrari: «E’ una scelta epocale della Lega che trovo gravissima; non si può costringere tutti a pagare per vedere calcio, specie in un momento come quello che stiamo vivendo, di crisi economica». Già, perché per dirla tutta Novantesimo Minuto nonostante gli orari strampalati del campionato in programma, è stata una delle poche trasmissioni tv a resistere al crollo degli ascolti. Anche da 20 milioni di persone ai tempi d’oro. Quando il calcio era diverso e si esibivano i campioni della tecnica del pallone. Quelli che sono finiti, spazzati via dal calcio ipermoderno del grande fisico e dall’abbonamento, anche più d’uno, se vuoi vedere tutto quello che, magari liofilizzato, dava Novantesimo Minuto. Quel minuto che non c’è più.
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