Migranti, il piano Salvini: «Fondi ai Paesi di provenienza»

Migranti, il piano Salvini: «Fondi ai Paesi di provenienza»
di Valentino Di Giacomo
4 Minuti di Lettura
Lunedì 4 Giugno 2018, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 10:39

«Il problema non è soltanto bloccare le partenze dalla Libia, ma fermare i migranti ancor prima che arrivino a Tripoli». Matteo Salvini ripete come un mantra ai suoi collaboratori il suo piano per frenare i flussi migratori. Un progetto che dovrà necessariamente estendersi ai vari Paesi dell’Africa subsahariana, con un’attenzione particolare al Niger, uno degli snodi cruciali, al confine meridionale con la Libia, da dove transitano la maggior parte dei migranti. I disperati partono dai Paesi africani, passano dal Sahel e poi arrivano in Tripolitania per essere trattenuti nei centri governativi o nei compound dei trafficanti dove i migranti subiscono ogni genere di torture e molestie. 

RAPPORTI
Il leader del Carroccio non ha intenzione di buttare all’aria il lavoro di Minniti, ma rafforzare il progetto del suo predecessore stringendo accordi anche con altri Stati africani, non più solo con la Libia. Un Paese che resta una bomba a orologeria per gli oltre 250mila migranti pronti a partire e le difficilissime condizioni di stabilità con milizie spesso in guerra l’una contro l’altra. Un piano, quello di Salvini, fortemente ambizioso e che punta a spostare nel lungo periodo i capitoli di spesa, inseriti nel bilancio dello Stato, dall’accoglienza dei migranti verso vari fondi da destinare ai Paesi terzi.

Il punto centrale del piano è riattivare i rapporti bilaterali con il Niger, lì dove attualmente si trovano 40 specialisti dell’esercito italiano, ancora non operativi, che dovevano svolgere compiti di addestramento ai militari nigerini per il controllo delle frontiere del Sahel. 

La missione era stata approvata dal Parlamento lo scorso gennaio, ma è naufragata dopo il rifiuto delle autorità di Niamey di dar seguito agli accordi. Un peso non trascurabile sulla decisione lo ha avuto certamente la Francia che, da ex potenza coloniale, considera la presenza italiana nella zona una minaccia per i propri interessi geopolitici. Era tutto pronto, il piano prevedeva l’invio di 470 uomini e 150 mezzi in parte ricollocati dall’Iraq. I militari sarebbero stati inseriti nell’alveo della missione internazionale «Coalizione Sahel» per cui erano stati predisposti stanziamenti per 50 milioni di euro dall’Ue. L’obiettivo è di controllare la frontiera tra il Niger e la Libia, creare campi profughi sul posto ed esaminare le richieste d’asilo dei migranti direttamente in Niger. Un progetto che potrebbe poi portare alla creazione di canali umanitari via aerea verso l’Italia in modo da evitare che i migranti finiscano, dopo lunghi viaggi nel deserto, nelle mani dei trafficanti in Libia e successivamente rischino la vita sui barconi attraversando il Mediterraneo.

PUGNO DURO
Per vincere le resistenze francesi a dare il via alla missione in Niger, Salvini ha già valutato una contromossa. Un sorta di piano B: non consentire più alle Ong di altri Paesi di sbarcare nei porti italiani i migranti recuperati nel Mediterraneo. Una decisione che interesserebbe da vicino anche la Francia che con le ong «Medicins sans frontiéres» e «Sos Mediterranee» ha proprie associazioni umanitarie impegnate in mare, pur se con navi che battono rispettivamente bandiera italiana e di Gibilterra. Non solo, ma il protagonismo di Macron in Libia, con il vertice organizzato a Parigi con Serraj e il generale Haftar ha già fortemente indispettito le autorità italiane che hanno avvertito l’iniziativa di Macron come un’invasione di campo in un Paese che per l’Italia è cruciale per il controllo dei flussi migratori.

IL FRONTE
Se l’impegno in Niger e le restrizioni alle Ong serviranno per arginare nuovi sbarchi, il neoministro Salvini è consapevole che bisogna fare i conti anche con chi in Italia c’è già. In particolare quei circa 500mila clandestini che sembra impossibile rimpatriare in assenza di accordi bilaterali con tanti Stati africani che hanno tutto l’interesse affinché i propri cittadini restino nel nostro Paese.

«I governi precedenti – ha spiegato Salvini ai suoi citando degli esempi – non ci hanno nemmeno provato a stringere delle intese con la Nigeria, il Camerun o il Senegal». L’obiettivo è rendere economicamente appetibile per questi Paesi riprendersi chi è arrivato in Italia negli anni scorsi e impiegare i fondi attualmente spesi per l’accoglienza e la costruzione dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), direttamente in quegli Stati da cui provengono i migranti. Ovviamente con la consapevolezza che non tutto potrà essere fatto in tempi rapidi, ma per il medio-lungo periodo il nuovo piano migranti è già pronto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA