Roma, bus imbrattati dai writers: a pagare saranno gli autisti

Roma, bus imbrattati dai writers: a pagare saranno gli autisti
di Simone Canettieri
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Martedì 22 Maggio 2018, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 08:22
Se il writer imbratta, paga l'autista. O meglio: ci rimette. Se il sedicente artista metropolitano vuole sfogare la sua fantasia sui panelli dei bus, a pagare pegno sarà appunto il dipendente dell'Atac, che a dirla tutta già ha i suoi problemi a guidare mezzi non propri nuovi e sicuri che si sa quando partono e mai e come arrivano. La nuova direttiva è partita a marzo dagli uffici di via Prenestina: riguarda soprattutto le parti dei bus dove che «fanno reddito». Merce rara visto il servizio dei trasporti romani che di suo annega nei debiti, con una scarsa attitudine a obliterare i biglietti. E quindi c'è un problema di reputazione sul mercato. Anche per questo motivo la flotta vetusta di Atac non può permettersi ulteriori macchie o scarabocchi.

L'INPUT
«Si rammenta a tutto il personale spiega il documento che i danneggiamenti alle pellicole adesive pubblicitarie di bus e tram costituiscono un grave motivo di riduzione dei ricavi e perde economica per l'azienda». Da qui parte la stretta, che conferisce giocoforza agli autisti un ruolo di controllori tout court: «Ogni episodio di danno alle dette pellicole, verrà sanzionato disciplinarmente». Un esempio: l'autobus è imbottigliato in mezzo al traffico ed è piantato, se nel frattempo passa un gruppo di writers (ma anche vandali) e scrive «forza Roma» sulla parte adesiva del mezzo a rimetterci lo stipendio sarà l'autista. Anche se tecnicamente mai sarebbe potuto scendere e mandare via gli incivili. Dalla municipalizzata del Campidoglio spiegano la nuova circolare con motivi di cassa. Negli ultimi sei anni, il bottino legato al marketing, per la più grande partecipata dei trasporti d'Italia, si è praticamente dimezzato. Si è passati dai 16 milioni di euro incassati nel 2010 agli 8,2 milioni del 2016. Per gli amanti delle statistiche, il calo, anzi il crollo, è del 48,7 per cento.

IL TREND
Il crollo è cominciato nell'anno di Parentopoli, lo scandalo delle promozioni facili di amici e famigliari, che ha portato, solo l'anno scorso, al licenziamento in tronco di 33 raccomandati. Nel 2011 di fatti si è registrato il primo ribasso: i ricavi da pubblicità sono scivolati a quota 15,6 milioni di euro, l'anno dopo ancora un calo: 15,3 milioni.

Ma il vero tracollo avviene nel 2013, quando i ricavi dal marketing messi a bilancio sono appena 7,4 milioni. Da allora, in pratica, l'Atac non si è più ripresa: stesso (magro) importo nel bilancio 2014, appena 7,6 milioni nel 2015 fino ai numeri dell'ultimo consuntivo, quello vistato dal Comune l'anno scorso, che ha fatto registrare una mini-crescita, chiudendo questa voce di bilancio a 8 milioni e 270 mila euro.

Un lieve miglioramento, certo, ma che non sposta praticamente nulla in un'azienda che nel bilancio 2016 ha registrato perdite per 212,7 milioni di euro e che ha accumulato negli anni un debito gigantesco che sfiora 1,3 miliardi.

L'ultimo bilancio approvato dal Cda a inizio maggio e che ora aspetta la ratifica dell'assemblea dei soci ha registrato perdite per altri 120 milioni di euro, mentre il patrimonio netto è rimasto negativo, scivolando a -170 milioni. Numeri scritti nero su bianco, difficili, questi sì da evitare.
 
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